Dietro l’emergenza in Emilia Romagna: le denunce di Anbi e degli agronomi
Aumentano le denunce. Una verità scomoda, sull’ennesima emergenza in Emilia Romagna. “Ma che va detta – dice il presidente Anbi Francesco Vincenzi – per rispetto verso chi sta soffrendo le conseguenze di nuove alluvioni: è dagli anni ’80 che in Italia manca la pianificazione nazionale di interventi per la prevenzione idrogeologica, privilegiando di intervenire con fondi per le emergenze”.
Lo dice il vertice dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela Territorio ed Acque Irrigue precisando poi che, in regione “sta operando in sintonia con la Struttura di Missione governativa, guidata dal generale Figliuolo. Si sta lavorando, ma nessuno, però, ha la bacchetta magica soprattutto di fronte al ripetersi di violenti eventi meteo a distanza di soli pochi mesi”.
La conta è ampia: l’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche rende noto che, dall’inizio dell’anno alla metà di questo mese, sull’Italia si sono già registrati 1899 eventi estremi: 212 tornado (52 nella prima metà di settembre, il 71% sulle coste tirreniche), 1023 nubifragi (157 nella prima metà di settembre, il 91% sulle regioni del CentroNord), 664 grandinate con chicchi di grandi dimensioni (37 nella prima metà di settembre, record in Versilia con chicchi di diametro fra 7 e 9 centimetri). Secondo i dati dell’European Severe Weather Database, tutte e tre le evenienze meteo hanno colpito in questo mese l’area orientale dell’Emilia Romagna.
“E’ un dato, su cui occorre riflettere – dice il dg Anbi Massimo Gargano – perché spiegherebbe il ripetersi di un alluvione a soli 16 mesi dalla disastrosa inondazione del maggio dell’anno scorso: se l’Italia è l’hub mediterraneo della crisi climatica, sulle aree costiere dell’Adriatico convergono probabilmente fenomeni atmosferici incompatibili e scatenanti piogge torrenziali, che esaltano l’inadeguatezza dell’attuale rete idraulica“.
Aumentano le denunce. Dicono la loro anche gli agronomi: “Con facile previsione, lo scorso maggio al termine dell’alluvione in Romagna, il Consiglio degli ordini dei dottori agronomi e dottori forestali evidenziava che situazioni analoghe si sarebbero ripetute, poiché l’Italia ha fragilità ben note ed è necessario confrontarsi con le difficoltà del territorio, incapace a reagire agli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti”.
“Il dato più sconcertante – commenta Alfredo Posteraro, presidente della federazione regionale degli Ordini dei dottori agronomi e dottori forestali – è che le esondazioni e i danni maggiori si sono verificati, principalmente, negli stessi posti della alluvione 2023. In un anno non siamo riusciti a fare neanche la messa in sicurezza dei siti che hanno generato tutte le problematiche della scorsa alluvione”.
Aumentano le denunce. Manutenzione ordinaria del territorio cercasi. Giovanni Gualtieri, presidente Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali di Ravenna evidenzia la necessità di manutenere “la rete per il deflusso delle acque superficiali, troppo spesso rallentata da una burocrazia immobile rispetto all’evolvere degli eventi climatici. Tanto che è passato più di un anno e pare essere ancora al punto di partenza, a Faenza come a Traversara, lungo i torrenti Senio e Lamone, come nelle nostre colline”.
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