Attualità

Diabolik, ergastolo al killer e la negazione dell’omicidio mafioso

di Angelo Vitale -


I giudici della Terza Corte di Assise di Roma hanno condannato all’ergastolo Raul Esteban Calderon per l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, il leader degli Irriducibili, noto come “Diabolik”, ucciso con un colpo di pistola alla testa il 7 agosto del 2019 nel parco degli Acquedotti. I giudici con la sentenza, arrivata dopo oltre cinque ore di camera di consiglio, non hanno riconosciuto però l’aggravante del metodo mafioso come chiesto invece dai pm Mario Palazzi, Rita Ceraso e Francesco Cascini. Una sentenza che sembra escludere lo scenario complessivo in cui la vicenda si iscrisse.

L’argentino, la cui vera identità, secondo l’accusa, è quella di Gustavo Alejandro Musumeci, ha seguito la lettura del dispositivo in videocollegamento dal carcere di Larino rimanendo impassibile. Presenti nell’aula bunker di Rebibbia la madre, la sorella e il fratello di Piscitelli, costituiti parti civili nel processo che si è aperto il 23 febbraio del 2023, e anche la vedova e le figlie di Piscitelli che invece non si sono costituite. Un processo durato oltre due anni, con più di quaranta udienze celebrate e decine di testimoni sentiti, dall’autista cubano, che accompagnava il leader degli Irriducibili e che era con lui sulla panchina quando il killer ha aperto il fuoco, alla ex di Calderon, Rina Bussone, diventata la sua principale accusatrice. Udienze in cui sono state depositate nuove informative dei carabinieri del Nucleo Investigativo e della Squadra Mobile e in cui è stato mostrato e analizzato il video del delitto, una videocamera posizionata sul terrazzo di un appartamento di via Lemonia riprende le fasi dell’omicidio: il killer dirigersi verso la panchina dove Piscitelli è seduto insieme al suo autista, l’esplosione del colpo mortale e la fuga.

Nella requisitoria del 17 febbraio scorso, i pubblici ministeri avevano sottolineato come quello di Piscitelli “è stato un omicidio che ha avuto una grande eco. Un omicidio fatto in questa maniera è un omicidio come sanzione per aver ‘esondato’, come avviso ai naviganti perché Roma – aveva rimarcato il pm della Dda Palazzi – apparentemente così anarchica è invece un luogo di sanzioni, anche eclatanti, comminate anche in piazza, affinché si capisca chi comanda. Una ‘sanzione’ che doveva essere compresa da tutti. Un delitto che costituisce uno spartiacque tra il prima e il dopo. Piscitelli era un leader carismatico, battezzato dai Senese, il cui solo nome mette paura. E Senese è un ‘marchio registrato’ che se speso in modo non invano realizza una docile sottomissione degli astanti”. E oggi in sede di repliche Palazzi ha evidenziato che “il rispetto per la vita umana pretende verità anche se dolorosa. Piscitelli avrebbe dovuto rispondere davanti alla giustizia delle sue condotte ma non pagare con la vita. E’ una storia che non finisce qui”. Oggi i giudici con la condanna non hanno però riconosciuto il metodo mafioso.

Con quell’omicidio, cambiò il quadro di controllo delle piazze di spaccio della droga nella Capitale. Le indagini avevano fatto emergere che l’ascesa di Piscitelli lo aveva portato a sfidare gli accordi con la camorra dei Senese che da decenni regolava il narcotraffico attraverso un cartello. Diabolik aveva smesso di riconoscere questo predominio e cercato autonomia, destabilizzando il sistema di controllo delle piazze.

Dopo l’uccisione di Diabolik, si è registrato un riassetto delle alleanze, con il declino dei Senese, mentre i Casamonica e albanesi hanno rafforzato il loro ruolo, spesso in accordo con la mafia nigeriana. Nuove strategie, una gestione economica aggressiva e l’utilizzo di metodi ibridi, come il riciclaggio del denaro tramite attività legali. Una frammentazione che ha prodotto pure la moltiplicazione delle batterie e la riduzione di un unico potere centrale, con gruppi minori che ogni volta competono per le zone di spaccio.


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