Il premio Nobel Parisi: “Perché rischiamo di fallire”
GIORGIO PARISI PREMIO NOBEL PER LA FISICA 2021
di GABRIELE GRAZI
Giorgio Parisi (1948) è professore ordinario di Fisica teorica all’Università La Sapienza di Roma dal 1981. Ha ricevuto la medaglia Boltzmann, la medaglia Max Planck, il Premio Nonino, il Premio Wolf e il Premio Nobel per la Fisica nel 2021. È stato presidente dell’Accademia dei Lincei ed è membro di molte accademie, tra cui l’American Philosophical Society. Si è occupato principalmente di fisica teorica, in campi molto diversi come la fisica delle particelle, la meccanica statistica, la dinamica dei fluidi, i sistemi complessi, le costruzioni di computer scientifici, la teoria dell’ottimizzazione. Ha realizzato anche studi sulle reti neurali, sul sistema immunitario, sulle glaciazioni e sul movimento di gruppi di animali.
Tra i suoi saggi divulgativi, ha pubblicato La chiave, la luce e l’ubriaco. Come si muove una ricerca scientifica (2006) e In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi (2021), quest’ultimo tradotto in una ventina di paesi.
I premi che ha conseguito sono un orgoglio per tutti noi. Ancor più per le motivazioni, come quella del Nobel che cito parzialmente: “per lo straordinario contributo alla comprensione dei sistemi fisici complessi”. Le vorrei chiedere se a suo avviso la nostra è una società che nei suoi messaggi, nella capacità della persona comune di comprendere la realtà, semplifica eccessivamente a discapito della dimensione della complessità?
Si è vero che in generale c’è una tendenza nella società a semplificare eccessivamente e a preferire una risposta semplice ma sbagliata ad una risposta complessa ma giusta. Il problema è che la nostra società è un luogo dove bisogna fare tutta una serie di mediazioni. Mediazioni tra le parti sociali, mediazioni tra i vari interessi che sono in gioco, mediazioni che non sono facili da fare perché devono tenere conto di tantissime cose e questo genera una tendenza a semplificare. È come diceva lo storico Jacob Burckhardt: “la negazione della complessità è l’essenza della tirannia”. Però se non si riesce a comprendere la realtà nella sua complessità è difficile intervenire.
Nel suo libro “Gradini che non finiscono mai” (La Nave di Teseo) scritto insieme a Piergiorgio Paterlini, lei mostra una grande preparazione anche umanistica, collocandosi in una tradizione che vorrei definire rinascimentale, così come lo sono state le numerose materie delle sue ricerche che spaziano molto. Si ritrova in questa dimensione che premia prima di tutto la curiosità?
La ringrazio del paragone rinascimentale. È una cosa che mi gratifica molto. Sono sicuro che quello che è importante, sia nel Rinascimento come adesso, sia la curiosità. È una molla fondamentale. Questa curiosità si deve anche controllare perché si deve scegliere le proprie curiosità tra le tante possibili.
Rifacendomi sempre al suo libro, lei cita molte letture e suggerisce molti libri. Visto che io di lavoro faccio il libraio, le posso chiedere di mettersi nei panni di un libraio e darci qualche consiglio di lettura che secondo lei non può mancare nelle libreria?
Sono moltissimi gli autori che amo immensamente. Tra i contemporanei McEwan e Paul Auster, mentre un autore più classico che voglio citare è Maugham. A mio avviso in una libreria si deve cercare di mettere anche tanta poesia sia moderna che classica. Ad esempio ci sono tantissime traduzioni bellissime dell’Odissea e dell’Iliade come quella di Dora Marinari. Certamente poi la Merini, Bellezza. Senza trascurare i libri di scienza e di storia della scienza come le biografie degli scienziati, libri per me molto importanti.
Un’altra dimensione che ha avuto un peso specifico importante nella sua vita direi che è quella politica. Spesso si è battuto per delle cause di impegno civile, cito su tutte la sua campagna per il sostegno alla ricerca e per mettere il giudizio della comunità scientifica al centro delle scelte finanziarie. Che momento stiamo vivendo a suo giudizio?
A mio avviso stiamo vivendo un momento brutto. Brutto perché è un momento di crisi, in generale perché manca una fiducia nel futuro e si riflette anche nella mancanza di fiducia nella scienza. In generale abbiamo la mancanza di un sogno. Nel secolo scorso la sinistra aveva il sogno del socialismo, di una società in cui tutti erano uguali. Questo sogno è scomparso, direi che è diventato veramente sogno nel senso di una cosa irrealizzabile con il naufragio che è avvenuto nelle società socialiste. Questo sogno è scomparso e non è sorto altro. Io ho sempre detto che non sono tra quelli che pensano che il capitalismo sia l’ultima fase della storia umana ma ci manca un’analisi anche teorica per capire come andare oltre, nel futuro.
Restando su temi di civiltà, nel suo stesso anno il Nobel è stato assegnato anche ai Professori Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann, per i loro studi sui cambiamenti climatici. Purtroppo in questi giorni abbiamo assistito alla tragedia dell’Emilia Romagna, le posso chiedere a che punto siamo con le politiche green?
Le politiche italiane sono a livello abbastanza disastroso. Mentre alcuni paesi, soprattutto molti del nord Europa, hanno un impegno relativamente forte in merito alle politiche green, da noi in generale i passi sono del tutto insufficienti, e figuriamoci quindi in molti altri paesi in cui le cose vanno ancor più lentamente: pensiamo da un lato agli Stati Uniti o la Cina, l’India. Poi ci sono tanti altri paesi emergenti i quali consumano molto ma molto di meno e non hanno alcuna intenzione di arrivare a un taglio delle emissioni che li collochino in maniera permanente ad un livello ancor più basso rispetto al nostro. Serve per andare avanti una politica green mondiale, un patto di solidarietà tra tutti i paesi del mondo. Sembra un’utopia assoluta visto che siamo invece a parlare di guerra, ed è anche estremamente difficile da realizzare in quanto richiede trasferimenti di risorse tra i vari paesi.
La scienza arriva prima spesso anche da un punto di vista sociologico. In alcune sue dichiarazioni ha sottolineato ad esempio come il Cern fu fondato nel 1954 in anticipo ed in maniera più aperta rispetto al Trattato di Roma, o come in Medio Oriente vi sia un laboratorio d’eccellenza composto da paesi spesso in rapporti estremamente problematici tra di loro su tutto il resto.
Sì, la scienza è fondamentale per costruire la pace in quanto permette a persone molto lontane tra di loro, che stanno in società molto diverse, di incontrarsi e di conoscersi, e questo è sempre una cosa basilare. L’Europa è stata fatta da una generazione di studiosi che si scambiavano lettere viaggiando da un paese all’altro, e quindi lo spazio comune europeo è nato prima come spazio comune culturale, fatto anche attraverso i libri, attraverso le visite, che poi è andato avanti. Lo spirito di questi sapienti che hanno fatto l’Europa nel Rinascimento ci dovrebbe mostrare quali siano gli effetti a lungo termine di questi scambi culturali.
Quali sono altri lavori nel mondo particolarmente promettenti da un punto di vista scientifico?
La scienza è diventata talmente enorme nell’ultimo secolo, in particolare dal dopo guerra, si è espansa in talmente tante direzioni, che è difficilissimo capire quali siano le cose più promettenti. Quello che ci arriva sulla stampa è un po’ come la spuma delle onde, ma le onde sotto spesso non si vedono. Basta pensare ai vaccini RNA che erano stati sviluppati scientificamente dagli anni novanta per trent’anni senza che questi arrivassero in superficie. Tantissime persone non ne conoscevano l’esistenza e invece abbiamo visto come hanno cambiato il mondo. Le previsioni sono sempre difficili.
Si scopre che lei è anche un ottimo cuoco. Giocando con le definizioni, mi verrebbe da dire che un altro ingrediente fondamentale per fare ricerca ad alti livelli sia l’immaginazione. È così?
L’immaginazione è fondamentale per la ricerca ad alto livello. In ogni campo ci sono centinaia di migliaia di persone che lavorano, quindi per dire qualcosa in più degli altri bisogna immaginare delle cose che gli altri non hanno immaginato, o che non sono stati capaci di dimostrare. Molto spesso i matematici e i fisici fanno delle congetture che possono essere sbagliate o giuste ma in tutti i casi si devono provare. Per fare queste congetture è assolutamente necessaria l’immaginazione, quando si passa alla prova si inserisce inoltre un duro lavoro.
Il nostro giornale si chiama “l’Identità”, e in un certo qual senso richiama anche la sua casa editrice in quanto il paradosso della Nave di Teseo si fonda sul concetto di identità. Dai suoi racconti sembra che un ruolo cruciale nella formazione di un individuo sia nelle figure dei maestri ed amici. Quali componenti sono essenziali per la costruzione del sé?
Per la costruzione del sé penso che siano fondamentali i rapporti con i genitori, con i parenti, e con le Scuole, l’infanzia e le elementari e il tipo di educazione che viene fatta a casa. Per esempio i valori che vengono trasmessi. E poi i libri che vengono dati da leggere perché sono importantissimi per sviluppare tutta una serie di valori e capacità su cui si basano i comportamenti da adulto.
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