Delitto Verzeni, il fermo del ciclista: è un 31enne italiano. Voleva uccidere qualcuno, colpì Sharon senza un motivo
C’è un fermo: è un cittadino italiano di 31 anni la prima persona trattenuta a Terno d’Isola dagli inquirenti. E’ giunta l’identificazione e poi è stato adottato il provvedimento della Procura della Repubblica di Bergamo per evitare la sua fuga e che possa reiterare il reato. Una formula, quella per definire il fermo, di solito utilizzata per precisare che la persona raggiunta dalla misura è fortemente sospettata. Per le ore 12.00 è stata fissata una conferenza stampa da cui verranno i dettagli dell’operazione che è la prima e vera svolta dell’inchiesta a un mese dalla notte tra il 29 e 30 luglio in cui Sharon Verzeni fu accoltellata e uccisa.
Una nota chiarisce che l’uomo è ritenuto il presunto autore dell’omicidio”. Raccolti “gravi indizi di colpevolezza, elementi probatori del pericolo di reiterazione del reato, di occultamento delle prove, nonché del pericolo di fuga”.
La giornata era cominciata con la diffusione delle parole di Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto a Bergamo e che guida la Procura in attesa che entri in servizio il suo capo. Aveva ieri, di rientro da vacanze “dall’altro capo del mondo”, tenuto un vertice nel suo ufficio con il pm che ha finora coordinato i carabinieri, Emanuele Marchisio (nell’organigramma della Procura solo l’ottavo per anzianità di servizio nell’elenco dei magistrati che vi operano). Rota aveva chiesto che cessasse “l’assedio” agli inquirenti. Quello che per un mese, complice un’estate al solito avara di avvenimenti di grande richiamo, era stato proprio alimentato da un fiume di indiscrezioni sulle più diverse ipotesi e sulle più numerose piste investigative seguite. Un assedio divenuto perfino “spettacolare” nella stessa Terno: il “protagonismo” del sosia di Johnny Depp e quello dei volontari di un’associazione di ricercatori di reperti bellici affiancati ai militari dell’Arma, solo i due più recentissimi episodi.
L’uomo, secondo indiscrezioni, starebbe già confessando, chiarendo di non avere avuto un movente, per uccidere Sharon. Si chiama Moussa Sangare. Nato a Milano, viveva a Suisio, un paese della Bergamasca che è distante appena cinque chilometri da Terno d’Isola. Figlio di genitori originari della Costa d’Avorio – scrive La Repubblica – avrebbe ucciso la 33enne senza un movente preciso: sarebbe affetto da problemi psichici non certificati.
Il fatto che il fermo abbia portato ad individuare un 31enne che non fosse originario di Terno d’Isola “non consola e non dà una risposta che in qualche modo tranquillizza la famiglia”. Lo dichiara il sindaco del paese della Bergamasca teatro dell’omicidio, Gianluca Sala, ricordando che “alle spalle di tutto questo c’è un delitto, c’è una famiglia che piange una ragazza, c’è un compagno che non ha più una donna al suo fianco, con un progetto di vita”.
Nell’attesa di “avere delle risposte e capire quali sono le motivazioni”, il primo cittadino di Terno vuole “tenere un profilo basso”, perché “è troppo delicata la questione”. Però – è la considerazione – “è chiaro che se l’uomo in bicicletta dovesse davvero essere il colpevole, posso dire che per lo meno il sistema di videosorveglianza, nonché tutto ciò che abbiamo fatto per agevolare le indagini, in qualche modo è servito”.
All’amministrazione comunale “siamo tranquilli di aver fatto il possibile, anche in questi giorni, per non avere rimorsi sul fatto che si poteva fare qualcosa in più”, dice Sala, ricordando che “ci siamo mossi fin dai primi minuti dell’accaduto con presenza sul territorio e anche al comando già dalla stessa notte per visionare le immagini”. Proprio le immagini dei sistemi di videosorveglianza, “sembrerebbero essere state decisive, se davvero fosse questa la soluzione del problema”, osserva il sindaco.
Sangare non conosceva Sharon Verzeni, Maria Cristina Rota afferma che ha reso “piena confessione”. Un omicidio quello della 33enne che per gli inquirenti risulta al momento “senza apparente motivo”. La donna stava rientrando a casa dopo una passeggiata notturna per Terno d’Isola, quando lungo via Castegnate, la strada principale del paese, è stata colpita a morte da quattro coltellate. Le telecamere di videosorveglianza non hanno ripreso il momento dell’omicidio, ma hanno catturato l’immagine di un uomo in bicicletta che sfrecciava contro mano lungo via Castegnate all’orario del delitto. È da quei frame che i carabinieri del comando provinciale di Bergamo, coordinati dal pm Emanuele Marchisio e dalla procuratrice facente funzione Maria Cristina Rota, sono giunti a Moussa Sangare. Un lavoro durato un mese, si era sempre finora detto che le immagini erano sgranate e quasi inutilizzabili. Il 31enne è stato fermato questa notte, a un mese esatto dall’omicidio di Sharon Verzeni.
Polemiche della Lega sull’origine straniera del 31 enne perr il quale la Procura ha deciso il fermo. “Un episodio tragico che devi farci riflettere. Davvero sono questi i nuovi italiani a cui aspiriamo?”. Così la deputata della Lega Laura Ravetto, responsabile del dipartimento Pari opportunità del partito. “Oh, abbiamo i giornali che per una volta ci dicono la nazionalità di un criminale. E’ italiano. Si chiama Moussa Sangaré”. Lo scrive su X, Claudio Borghi, senatore del partito guidato da Matteo Salvini.
Il vicepremier, invece, sceglie il suo abituale commento nella circostanza di attesi arresti, pur sottolineando origine e nazionalità dell’uomo sottoposto a fermo: “Fermato Moussa Sangare, origini nordafricane e cittadinanza italiana, sospettato di aver assassinato la povera Sharon. Spero venga fatta chiarezza il prima possibile e, in caso di colpevolezza, pena esemplare, senza sconti. Complimenti ai Carabinieri!”.
Moussa aveva 4 coltelli “per colpire qualcuno”: gli è stata contestata la premeditazione. La Procura invita due minorenni che avrebbe “puntato” prima di accoltellare Sharon a farsi avanti per fornire dichiarazioni. Moussa era stato denunciato per maltrattanti familiari a carico della madre e della sorella, cui avrebbe puntato un coltello alle spalle. Da allora, uscito dal nucleo familiare, viveva in una casa occupata. Avrebbe confessato di essere uscito quella sera “per uccidere qualcuno”, spinto da un impulso. I suoi vestiti e i coltelli sono stati recuperati nell’Adda.
Singolare e fuori della abituale polemica politica sulla criminalità in genere, la posizione del vicecapogruppo FdI alla Camera Alfredo Antoniozzi sul fermo dell’omicida: “Nessun bookmaker accetterebbe mai una scommessa sul fatto che gli avvocati del presunto assassino di Sharon chiederanno l’infermità o la seminfermità mentale. E del resto li capisco, perché anche io al posto loro farei cosi. Se c’è stata confessione e c’è premeditazione l’unico modo per sfuggire all’ergastolo è questo. Il problema è che la società in genere e anche la magistratura ha derubricato la violenza a fatto psichiatrico. E questo è il risultato di un pensiero lungo, la cui origine è nota, che ha riempito le Rems di narcisisti e antisociali lucidi”.
“Mi auguro che Sharon abbia giustizia mentre ricordo il fango preventivo che alcune persone hanno dovuto subire dai media come sospettati pur non avendo fatto niente”, conclude Antoniozzi.
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