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Delitto di Garzeno, confessa il 17enne: Candido Montini non volle cambiargli 300 euro falsi

di Giorgio Brescia -


Era stato fermato quattro giorni fa, ora ha confessato: svolta nel delitto di Garzeno, il 17enne individuato grazie all’esame del Dna svolto su tutti gli abitanti del posto aveva prima negato ogni addebito ed oggi è crollato. Lui – l’inchiesta è stata portata avanti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Como – l’omicida di Candido Montini, l’ex vicesindaco 76enne del posto, da tempo esercente di una delle poche botteghe di Garzeno, ucciso il 24 settembre scorso nel paesino in provincia di Como.

Dopo l’interrogatorio davanti al Gip del Tribunale per i minorenni di Milano, il fermo del minorenne è stato convalidato e disposta la custodia cautelare in carcere al Beccaria ove era già ristretto, per omicidio volontario e rapina.

Finora, il 17enne aveva negato ogni sua responsabilità nel corso degli interrogatori davanti alla pm per i minori, avvalendosi della facoltà di non rispondere., mentre i familiari – in particolare l’anziana nonna – ne negavano ogni addebito sostenendo che fosse, al momento dell’omicidio, a scuola guida. Un alibi che non ha tenuto, anche per il largo lasso di tempo assegnato dai periti alla morte di Montini che ben avrebbero potuto confermare la presenza del minorenne sul luogo del delitto.

Parente alla lontana della vittima, era caduto nella rete degli investigatori per le sue tracce biologiche rinvenute sull’arma del delitto, un coltello da cucina abbandonato a poche decine di metri dall’abitazione di Montini dopo l’accoltellamento con una ventina di fendenti infertigli anche quando era caduto a terra. Il giorno prima del delitto il minorenne aveva litigato con la vittima perché Montini si era accorto che 300 euro datigli da cambiare dal giovane erano palesemente falsi.

Per la presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, Maria Carla Gatto, una vicenda che, come altre in questi giorni, “hanno come protagonisti giovani appartenenti a famiglie inserite nel contesto sociale”, la spia “di “un gravissimo e allarmante disagio che non viene tempestivamente intercettato né dalla famiglia, né dalla scuola, né dalle diverse agenzie del territorio”.


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