La nuova sede del Consiglio Europeo, l'Europa Building completato l'estate scorsa dopo otto anni di lavori, con una spesa complessiva di 321 milioni di euro a carico del bilancio della Ue. Il nuovo edificio sorge di fronte al palazzo Berlaymont che ospita la Commissione europea e sulla destra
dell'attuale sede del Consiglio, il palazzo Justus Lipsius inaugurato nel 1994 ma diventato inadeguato già 10 anni dopo con l'allargamento da 15 a 28 paesi. ANSA
Ogni terremoto, come quello che DeepSeek ha scatenato sul mercato hitech, è seguito dalle scosse di assestamento avvertite nettamente anche, persino, nella Ue. Che, talora, possono comportare conseguenze anche più serie rispetto a quella che l’ha scatenata. E così, proprio mentre dall’America arrivano accuse sanguinose all’app cinese, il colosso dell’e-commerce asiatico Alibaba ha annunciato l’arrivo della “sua” Ai che potrebbe essere addirittura più potente di quella della rivale. Quel che è successo è chiaro a tutti: DeepSeek, con il suo modello “a buon mercato” sia in termini di chip che di sviluppo, ha fissato un nuovo standard nell’intelligenza artificiale. Che adesso gli stessi cinesi tentano di superare con l’obiettivo dichiarato di dare più di un grattacapo alla Silicon Valley che, finora, aveva detenuto saldamente il monopolio digitale globale. La reazione Usa, dopo il tonfo dei mercati e lo stupore iniziale, si è fatta velenosa. Google e Apple hanno cancellato DeepSeek dai loro playstore. OpenAi ha accusato la concorrenza cinese di aver copiato integralmente alcuni dei suoi modelli per l’Ai. La Marina militare statunitense ha affermato di pensare, presto, a un ban dell’app che, sulla scorta di quanto accaduto con TikTok, presto potrebbe estendersi prima ai funzionari governativi e dell’amministrazione, poi chissà magari all’intero mercato americano. In Cina, invece, le notizie legate a DeepSeek hanno scatenato, soprattutto negli internauti, una sorta di orgoglio nazionale e di senso di riscatto. Una sensazione che è stata ampliata, nella blogosfera asiatica, dall’annuncio giunto da Alibaba. Che, come riporta Reuters, starebbe per presentare Qwen 2.5, il “suo” modello di Ai pronto a superare DeepSeek “su tutta la linea”. L’annuncio dell’azienda è arrivato nel giorno in cui si festeggia il Capodanno cinese. Un’iniziativa atipica, considerando che si tratta di una ricorrenza in cui c’è davvero poca gente al lavoro, e che proprio per questo sembra nascondere, oltre a un messaggio economico, di concorrenza interna nel Paese, anche uno geopolitico che sembra svelare come la Cina sia pronta a dire la sua sul fronte dell’Ai. E mentre America e Cina si preparano all’ennesimo round della loro guerra per il dominio digitale, l’Europa pigola e pensa alle solite scartoffie. Come in Italia dove l’avvento di DeepSeek è stato “accolto” dall’apertura di un’istruttoria da parte del Garante della Privacy che mira a comprendere quale sia l’utilizzo dei dati e che fine facciano quelli raccolti dall’app cinese. La Commissione Ue, per il tramite del portavoce agli affari digitali Thomas Regnier, spiega che l’impatto di DeepSeek “dimostra che la corsa all’Ai è tutt’altro che finita: con infrastrutture solide e talento si può fare molto”. Peccato, però, che allo stato attuale, in Europa, non ci siano né le une, ingabbiate dalla burocrazia dei regolamenti, né gli altri, costretti a fuggire altrove in una sorta di fuga dei cervelli verso gli Stati Uniti. “I migliori talenti, supercomputer di livello mondiale, start-up innovative, sette laboratori di IA che stanno nascendo proprio in questi giorni. Quindi sì, stiamo stimolando l’innovazione, mantenendola sicura. Insomma, l’Europa è pronta ad affrontare questa gara e a prendere il suo posto in questa corsa”, ha spiegato Regnier. Che, forse senza volerlo, riassume l’attuale situazione Ue: non c’è niente di pronto, non c’è nessuna piattaforma, nessun “unicorno”. Niente di niente. L’Europa è fuori. Ma gli auspici, e il sogno di fare come i cinesi, e cioè di mettere in discussione il primato americano con cinque milioni di dollari e una manciata di chip di vecchia generazione, quello nessuno glieli può togliere: “Qualora i modelli di DeepSeek, accusati di violare la privacy dei dati degli utenti, dovessero arrivare anche in Ue, dovrebbero rispettare i regolamenti europei”. Rieccola, la burocrazia: l’unico vero primato che l’Ue sia riuscita a conquistare e che, adesso, le si sta ritorcendo contro. Già, perché secondo gli sviluppatori, gli analisti e gli esperti del settore, l’Ai Act, sbandierata come la prima legislazione globale sul tema e sulla nuova infrastruttura digitale, si sta rivelando un boomerang, un ostacolo, una selva oscura di burocrazia che opprime talenti e investimenti. Un po’ il compendio della storia recente dell’Ue. Così come è già accaduto per l’energia e per altri settori strategici, Bruxelles non ha voce in capitolo su scala globale. E dire che l’Ue era stata pur avvertita, in tempi non sospetti, ossia nell’estate scorsa, da una lettera inviata alla Commissione da 150 aziende del settore che lamentavano rischi per la competitività e la sovranità tecnologica del Vecchio Continente dovuti ai “soliti” costi legati alle attestazioni di conformità e ai rischi di responsabilità. La Ue tenta di tracciare un parallelo con il caso DeepSeek ma dimentica il cuore della questione: l’Ai cinese è “nata” in un’area, quella di Hangzhou, a cui sono state concesse deroghe e poteri speciali, in termini legislativi e normativi, proprio per sviluppare le tecnologie digitali.