Ecco DeepSeek, la zampata Ai del Dragone fa tremare l’Occidente
La zampata del Dragone: mentre gli Stati Uniti pensano allo Stargate, la Cina lancia DeepSeek e fa tremare il mondo. Almeno, quello occidentale. La mossa di Pechino sull’intelligenza artificiale, ieri, ha causato un autentico terremoto sui mercati finanziari di tutto il mondo. Una scossa al ribasso con epicentro nei titoli legati all’hitech, al digitale, ai chip, uno sciame sismico che ha fatto tremare pure il Bitcoin, già in fisiologica discesa dopo il discorso di insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Il fatto è che le notizie che circolano attorno al DeepSeek sembrano, secondo esperti e analisti, mettere in discussione il primato occidentale (leggi americano) sulle nuove tecnologie digitali. La start-up, legata all’High-Flyer Capital Management, un hedge fund di Hong Kong che gestisce asset per oltre 5,5 miliardi di dollari, ha fatto capolino, nel mondo, uscendo direttamente dai laboratori di Hangzhou, la capitale della “Silicon valley cinese”. Un territorio che secondo i dati riportati dall’Ice, rappresenta una delle punte di diamante asiatiche nella corsa al predominio digitale del mondo, dove solo nel 2022 sono stati investiti la bellezza di 72,303 miliardi di renminbi cinesi (l’equivalente di circa 9,4 miliardi di euro e del 3,86% del prodotto interno lordo locale) in ricerca e sviluppo. Un budget importante ma lontano, le mille miglia, dal mezzo trilione di dollari che l’America vorrebbe investire per StarGate.
Il guaio, per gli americani e per gli occidentali, sarebbe nel fatto che DeepSeek avrebbe performance già uguali o addirittura superiori a quelle di alcuni dei suoi diretti concorrenti, da OpenAi fino a Meta. Il modello cinese utilizzerebbe meno risorse rispetto a quelli sviluppati dagli americani risultando, così, estremamente economico e concorrenziale. Per ora, DeepSeek è gratuito, open source e open-weight. In pratica, gli sviluppatori possono scaricarlo senza pagare oppure scegliere di usarlo tramite Api cloud a costi molto inferiori rispetto ai servizi di OpenAi o Anthropic. C’è poi un’altra questione capace di avere conseguenze strabilianti e di far ritorcere, in un certo senso, le misure protezionistiche avallate da Joe Biden contro gli stessi Stati Uniti. Difatti, da quello che emerge dalle pubblicazioni specializzate e dai report dei ricercatori, il modello Ai cinese funzionerebbe senza, per forza, dover dipendere da chip e componentistica avanzata. Rischia di venir giù tutto. In prima battuta, gli affari degli “unicorni” dei semiconduttori, a cominciare da Nvidia (che è arrivata a perdere, in poche ore, poco meno del 13 per cento del suo valore in Borsa) proseguendo poi con Asml, l’ultimo baluardo europeo (o meglio, olandese) in termini di assemblaggio e lavorazione di semiconduttori che è arrivato a perdere poco più del 9 per cento della sua quotazione.
In secondo luogo, c’è la guerra dei chip, la vicenda della tecnologia “vietata” ai cinesi che i ricercatori di Hangzhou sarebbero riusciti a dribblare con la grazia di un Garrincha redivivo, spalancando, per l’industria tech cinese delle vere e proprio praterie, economiche e politiche. E, infine, c’è l’ultima considerazione: senza la pressante esigenza di chip ultraperformanti, rischia di andare a farsi benedire, insieme ai tre quarti dell’Ira di Biden, (il primo passo protezionista degli Stati Uniti, molto prima di Trump e dei suoi dazi) anche la posizione di Taiwan, l’arcinemica storica di Pechino che, proprio in tempi di shortage e di fame di semiconduttori aveva ritrovato una centralità tale da indurre tutto il mondo a opporsi alla politica dell’Unica Cina caldeggiata da Pechino.
Le borse hanno reagito male. Ma si sa che i mercati non amano le vie di mezzo: o si innamorano o si intristiscono, Bull or Bear, Greed or Fear. Nasdaq e S&P 500 nel pre-market hanno subito perdite rispettivamente del 3,2% e dell’1,9. Era solo un antipasto del blue Monday del mercato digitale. I futures sull’indice tech Dow Jones sono tracollati di 380 punti pari a circa lo 0,9%. La paura ha contagiato persino gli Over the Top, le grandissime aziende digitali che, fino a questo momento, non avevano altro da temere se non l’ira di Trump. Meta ha perso il 6 per cento, Microsoft pure, Amazon ha aperto le contrattazioni col segno meno.
Non sono passati due anni da quando, da Pechino, annunciavano la “via socialista” (di mercato, va da sé) all’intelligenza artificiale. Rimediando, nel migliore dei casi, meme e prese in giro. Adesso, la zampata del Dragone è arrivata. E si è fatta sentire in tutto l’Occidente.
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