Roma, abbiamo un problema: il decreto bollette lascia fuori un milione di piccole e medie imprese. L’allarme della Cna irrompe come un fulmine a ciel sereno nel dibattito sull’energia mentre, oltre a quelle degli artigiani, si alzano anche le voci di industriali e imprenditori. La Confederazione nazionale dell’Artigianato ha sganciato la bomba durante l’audizione davanti alla Commissione attività produttive alla Camera tenutasi ieri mattina: “Il decreto sulle bollette rappresenta un segnale di attenzione nei confronti del sistema produttivo ma oltre un milione di imprese sono escluse dalla misura. Si tratta di micro e piccole imprese che già si fanno carico di 6 miliardi di euro l’anno di oneri generali di sistema, il 50% del totale”. Per gli artigiani incombe, oltre al danno, anche la beffa: “Pur apprezzando l’intervento, l’impatto dell’azzeramento della componente Asos è modesto a fronte dell’aumento del 44% dei costi energetici negli ultimi mesi. Le Pmi con potenza superiore a 16,5 kW registreranno un incremento delle bollette intorno al 35%”. Per Cna è arrivata l’ora di sollecitare una “maggiore concorrenza sui mercati energetici poiché i benefici della riduzione dei prezzi sui mercati all’ingrosso non si trasferisce sulle bollette di imprese e famiglie”. Una richiesta che è stata corroborata da quelle di Confartigianato e Casartigiani che, pur esprimendo “apprezzamento” per le misure del governo hanno richiesto “l’estensione dell’azzeramento anche alle imprese alimentate in media tensione dei settori manifatturieri che consumano meno di un milione di chilowattora l’anno e che non accedono alle agevolazioni per le imprese energivore”. Oltre al decorso retroattivo del semestre d’azzeramento, da far partire a dicembre ’24 e alla “estensione alle micro e piccole imprese che hanno diritto al Servizio a tutele graduali delle misure per rafforzare la leggibilità e confrontabilità delle offerte di energia elettrica e gas destinate ai clienti domestici”.Pure Confindustria, pur accogliendo con favore le disposizioni del decreto bollette, solleva qualche dubbio rivolto al futuro: “L’auspicio è che le misure perseguano le finalità del trilemma energetico, ovvero coniugando il fattore economico con obiettivi di sicurezza e di aumento dell’autonomia energetica, puntando alla produzione domestica di energia e gas, e con lo sviluppo di soluzioni e filiere tecnologiche nazionali decarbonizzate”, fanno sapere al Parlamento da viale dell’Astronomia. “A febbraio, quello italiano è stato il mercato elettrico più caro d’Europa. Il mercato del gas è caratterizzato da un’elevata variabilità della domanda, volatilità dei prezzi, che rendono le quotazioni sui mercati finanziari un asset speculativo particolarmente interessante per gli operatori finanziari”. “Per far fronte alle criticità legate al settore gas – aggiungono da Confindustria -, riteniamo necessario lo sviluppo di contratti di acquisto di lungo termine, la previsione di un maggiore controllo sul mercato e l’incremento della produzione nazionale di metano e biometano”. La svolta sarebbe, dunque, quella di passare dalla logica dell’emergenza a quella della strutturalità degli interventi. Ma i problemi restano, eccome: “L’azzeramento degli oneri generali di sistema per un semestre «potrà dare un contributo limitato alle industrie, la transitorietà della misura, unita ad una ristretta platea di beneficiari, non permette di esprimere una valutazione pienamente positiva”. In sede di conversione Confindustria ha quindi auspicato “un allargamento anche alle piccole e medie imprese allacciate in media tensione, che rappresentano il cuore pulsante del nostro tessuto produttivo. È importante che in fase emendativa si possa intervenire con misure strutturali per ottenere maggiori effetti nel restituire un po’ di ossigeno alle famiglie e alle imprese”.
Nell’alveo di Confindustria c’è stata la presa di posizione di Federbeton, che riunisce i produttori del comparto cemento e calcestruzzo: “Le attuali regole europee escludono settori energy intensive fortemente esposti alle importazioni, come quello del cemento, dalla possibilità di accedere agli aiuti, penalizzandoli rispetto ai competitor internazionali”, ha affermato in una nota Stefano Gallini, presidente di Federbeton: “Occorre un’azione tempestiva a livello europeo per allargare la lista dei settori eleggibili entro il 2025 e, nel frattempo, adottare misure nazionali di sostegno per le industrie energivore esposte alla concorrenza globale”. Secondo Federbeton “la proposta di destinare 600 milioni di euro per le imprese energivore non appare del tutto efficace in quanto i beneficiari sono stati individuati sulla base di Linee Guida Ue sugli aiuti di Stato definite nell’ormai lontano 2019, prima quindi dei rivolgimenti internazionali che hanno mutato profondamente il quadro nazionale e mondiale. Da allora, infatti, lo scenario economico è profondamente mutato: basti pensare che le importazioni di cemento in Italia sono aumentate del 600%, rendendo il comparto ancora più esposto alla concorrenza internazionale”.