Decoro e dignità per la Fabbrica di San Pietro
Siamo nel terzo millennio, ossia nell’era super tecnologica orientata agli eccessi e alla performance estrema, dove è meglio apparire che essere. Viviamo nel tempo post new age, dove conta solo l’individualismo consumistico e il primato, con la conseguente esaltazione della secolarizzazione e dei nuovi miti della modernità. Insomma, in questo nuovo schema valoriale e virtuale – che mischia il reale con l’artificiale e la tenerezza con la spavalderia -, sembrerebbe diventato normale non solo essere aggressivi ma anche trasgressivi. Tatuaggi, piercing ed orecchini sono ormai divenuti di uso normale, anzi di moda. Nulla di strano o di contrario – se non fosse che pur nella libertà di poter fare quello che se si vuole non invadendo la libertà altrui -, forse sociologicamente parlando stiamo un po’ esagerando, non considerando l’impatto sia sociale che valoriale di tale fenomeno. Al punto tale che adesso in Vaticano è arrivato un provvedimento netto in vista del Giubileo sull’utilizzo dei tatuaggi, piercing e condotte non del tutto allineate a quelle del perfetto cattolico osservante, come quella delle convivenze. Le stesse saranno bandite dalle nuove regole per il personale assunto dalla Fabbrica di San Pietro che, come è noto, è l’ente che presiede e amministra la più importante basilica vaticana creata dall’allora Papa Giulio II nel 1506. Quindi tale previsione sembra dare un segnale di discontinuità rispetto alle dichiarazioni che l’attuale Santo Padre fece rivolgendosi ai giovani nel 2018 nel pre -sinodo, affermando: “ Con i tatuaggi i giovani vogliono dirci qualcosa”. In termini storici tale assunto di Bergoglio può essere condivisibile, perché nell’antichità non esisteva la scrittura – come ad esempio in Polinesia -, e quindi con i tatuaggi le persone riuscivano ad esprimere la propria identità e personalità. Inoltre indicavano lo status sociale e la genealogia dell’individuo e in molti casi è così tutt’ora, come per esempio per i popoli Samoani, o Maori. Da ciò si evince che il tatuaggio è sempre stato un tratto distintivo di queste tribù e iniziò a svilupparsi circa duemila anni fa. Infatti il più antico reperto storico riguardante quest’arte risale al 3100/3300 a.C. ed è la mummia Otzi. Da questa scoperta è stato possibile capire che i tatuaggi erano usati sia a scopo rituale che a scopo terapeutico. Nell’antica Roma invece i tatuaggi erano usati principalmente al fine di marchiare gli schiavi e i gladiatori. Un po’ come accade oggi per i nuovi gladiatori moderni ossia i calciatori, i quali nell’arena del campo di calcio vengano acclamati e ammirati con i loro fisici super muscolosi e super tatuati. Insomma, rispetto a tutto questo in Vaticano si pensa che ancora oggi è importante professare la fede cattolica e vivere secondo i suoi principi. Questo è il primo requisito per i laici dipendenti della Fabbrica di San Pietro. Quindi non solo niente piercing o tatuaggi, ma neanche convivenze al di fuori del matrimonio. Ricapitolando: per stare a contatto con visitatori e turisti niente aspetto esteriore forzato o inadeguato, ma sobrietà e semplicità. In certi ambienti si può ritenere che la forma è anche sostanza e quindi dare l’esempio nel vestire e nella sfera famigliare diventa essenziale per poter frequentare e lavorare in determinati ambienti. Tale visione, in conclusione, come potrebbe non essere condivisibile. D’altronde, anche in Italia il tatuaggio non era ben visto a causa della pubblicazione del saggio L’uomo delinquente da parte del sociologo e antropologo Cesare Lombroso. dove in tale testo associò il tatuaggio alla delinquenza e ai modi di fare selvaggi. La diffusione di tali teorie portò ad un’ulteriore censura che si protrasse sino alla fine degli anni Sessanta. Infatti un tempo i tatuaggi erano ad appannaggio nella convinzione generale di pirati e carcerati. Tutti personaggi molto affascinanti certo, ma sicuramente in termini simbolici ai margini della vita civile, perché pur essendo “fratelli tutti”, il decoro e la dignità umana anche in questa epoca accelerata, non hanno prezzo.
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