Decifrare il segreto di Borges attraverso la biblioteca infinita
di GABRIELE GRAZI
Per chiudere insieme l’anno e farvi gli auguri mi affido ad uno dei miei cult: Finzioni di Jorge Luis Borges. Due sono le caratteristiche essenziali della sua opera: la cultura enciclopedica che piega secondo il suo volere, ed il suo amore per la metafisica, che dona un tocco leggendario ai suoi argomenti del cuore, come i labirinti, la memoria, l’alchimia. Insomma argomenti uniti da vari fili rossi tra cui un’indagine sul non detto e forse indicibile che aleggia sulle nostre esistenze e che traccia dei solchi nella storia rendendola magistrale. Tutto questo permette alla sua opera di essere una delle poche in grado di creare universi paralleli, per citare lo stesso libro di cui stiamo parlando: giardini con sentieri che si biforcano.
Come ha scritto Magris, assistiamo all’“incanto di un attimo in cui le cose sembra stiano per dirci il loro segreto”. Proprio qui risiede la chiave per entrare nel mondo di Borges, e in questo suo iconico libro: il segreto. Borges chiama il lettore non solo a decifrarlo, ma ad un’operazione di interpretazione radicale. Ci vuole scuotere dalle fondamenta mettendo in discussione innanzitutto il modo di leggere che abbiamo creduto di consolidare, distruggendolo per poi aiutarci a ricomporlo. Le parole possono essere state scritte da altri, ma senza il lettore rimangono lettera morta, ed è proprio il lettore, facendole entrare nel suo immaginario, forgiandole al crogiolo delle proprie esperienze ed orientamenti, dotandole di senso e significato unici, che costruisce il libro insieme all’autore. Ogni libro letto sarà quindi diverso da sé stesso a seconda della lettura ricevuta. Questo concetto è ampliato dal senso di segreto che promana da queste pagine, dove ogni scena è distorta e suggerisce un suo doppio, una realtà parallela che sfida le leggi dello spazio tempo. Tecnicamente il libro è una raccolta di racconti. In questo labirinto cartaceo per me il lettore è sia Teseo che il Minotauro. E’ il lettore che va alla scoperta del significato del testo, ma a sua volta il pericolo di venir sconfitto in questa avventura risiede dentro di sè, abita la propria complessità, ed è intriso di mancanza di stimoli, di appiattimento, di condanna e autocondanna alla semplificazione di un quotidiano che ha perso il suo alone immaginifico. Il libro è stato scritto durante gli anni della seconda guerra mondiale, dopo il salto della nuova fisica e quindi di un nuovo modo di vedere il mondo, dopo la Guernica e le rivoluzioni, insomma in una realtà sfaccettata e profondamente turbata, per questo penso che Borges sia uno scrittore fraterno. Un assaggio di La Biblioteca di Babele: “La Biblioteca sia destinata a permanere: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta. Ho appena scritto infinita. (…) dico che non è illogico pensare che il mondo sia infinito (…) Io mi arrischio a insinuare questa soluzione dell’antico problema: la biblioteca è illimitata e periodica”. Non so se il numero di libri sia finito, ma credo che il numero di interpretazioni di queste parole sia infinito.
Buon nuovo anno e buone nuove letture!
Come ha scritto Magris, assistiamo all’“incanto di un attimo in cui le cose sembra stiano per dirci il loro segreto”. Proprio qui risiede la chiave per entrare nel mondo di Borges, e in questo suo iconico libro: il segreto. Borges chiama il lettore non solo a decifrarlo, ma ad un’operazione di interpretazione radicale. Ci vuole scuotere dalle fondamenta mettendo in discussione innanzitutto il modo di leggere che abbiamo creduto di consolidare, distruggendolo per poi aiutarci a ricomporlo. Le parole possono essere state scritte da altri, ma senza il lettore rimangono lettera morta, ed è proprio il lettore, facendole entrare nel suo immaginario, forgiandole al crogiolo delle proprie esperienze ed orientamenti, dotandole di senso e significato unici, che costruisce il libro insieme all’autore. Ogni libro letto sarà quindi diverso da sé stesso a seconda della lettura ricevuta. Questo concetto è ampliato dal senso di segreto che promana da queste pagine, dove ogni scena è distorta e suggerisce un suo doppio, una realtà parallela che sfida le leggi dello spazio tempo. Tecnicamente il libro è una raccolta di racconti. In questo labirinto cartaceo per me il lettore è sia Teseo che il Minotauro. E’ il lettore che va alla scoperta del significato del testo, ma a sua volta il pericolo di venir sconfitto in questa avventura risiede dentro di sè, abita la propria complessità, ed è intriso di mancanza di stimoli, di appiattimento, di condanna e autocondanna alla semplificazione di un quotidiano che ha perso il suo alone immaginifico. Il libro è stato scritto durante gli anni della seconda guerra mondiale, dopo il salto della nuova fisica e quindi di un nuovo modo di vedere il mondo, dopo la Guernica e le rivoluzioni, insomma in una realtà sfaccettata e profondamente turbata, per questo penso che Borges sia uno scrittore fraterno. Un assaggio di La Biblioteca di Babele: “La Biblioteca sia destinata a permanere: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta. Ho appena scritto infinita. (…) dico che non è illogico pensare che il mondo sia infinito (…) Io mi arrischio a insinuare questa soluzione dell’antico problema: la biblioteca è illimitata e periodica”. Non so se il numero di libri sia finito, ma credo che il numero di interpretazioni di queste parole sia infinito.
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