Dead or alive? Sinwar non sarebbe stato ucciso. Ecco come comunica il capo di Hamas
Sarebbero negativi gli esami del Dna sui corpi recuperati a Gaza e portati a Tel Aviv per accertare se fra essi sia presente anche quello del leader di Hamas Yahya Sinwar. Lo ha rivelato il canale televisivo israeliano N12, precisando che i corpi erano stati portati all’Istituto di medicina legale Abu Kabir per confrontarne il Dna con quello di Sinwar. Stamattina, dall’esercito israeliano era arrivato il “non può confermare, né smentire” che il leader di Hamas fosse vivo o morto. Così in un briefing il portavoce delle Forze di difesa israeliane Daniel Hagari.
Una notizia, al termine di un fine settimana in cui era stata altalenante la notizia della sua uccisione, evidente e importante tassello di una guerra che per Israele è anche psicologica, miscelando notizie confermate dall’ufficialità delle Forze di difesa a quelle diffuse attraverso canali non ufficiali.
Riguardo alla caccia al numero uno di Hamas, il quotidiano Yediot Ahronoth riporta oggi un ampio resoconto, anche sulla scorta di analisi svolte dal Wall Street Journal, sugli interrogativi ancora nutriti dall’intelligence dello Stato di Israele sui metodi di comunicazione che Sinwar ha imparato ad adottare con meticolosità all’interno dei rifugi e dei tunnel della Striscia di Gaza in cui si muove in continuazione.
In essi Sinwar avrebbe deciso di far realizzare perfino una normale e banale rete telefonica, cautelandosi – per le sue comunicazioni – soltanto attraverso l’utilizzo per ognuno dei destinatari delle sue chiamate di nomi diversi, reperiti attraverso l’elenco di tutti i detenuti incontrati e conosciuti durante gli anni della sua carcerazione.
In generale, poi, utilizzerebbe messaggi crittografati, ogni volta criptati in un modo diverso per ognuno dei destinatari delle sue parole e trasferiti attraverso una catena formata da miliziani di Hamas o anche da civili reclutati per questo compito. Attenzione che gli avrebbe consentito una rapidità di comunicazione sia durante la fase dei negoziati di Doha per la tregua a Gaza dello scorso mese di giugno cui Hamas ha presenziato, sia per messaggi più comuni, perfino in occasione di condoglianze indirizzate ai capi della sua organizzazione colpiti dal lutto per l’uccisione di loro familiari da parte dell’esercito israeliano.
Questi metodi di comunicazione – scrive Yediot Ahronoth – risalgono a un sistema sviluppato durante la prigionia di Sinwar in Israele, da cui fu rilasciato nel 2011. Prima del suo arresto nel 1988, Sinwar aveva istituito l’unità di intelligence interna di Hamas, Majd, che si occupava anche di giustiziare i sospetti collaboratori di Israele e operava attivamente all’interno delle prigioni.
Secondo Musab Hassan Yousef, figlio di un alto dirigente di Hamas che divenne poi un agente dello Shin Bet noto come “Il Principe Verde”, l’unità Majd reclutava prigionieri chiamati “Sawad” (in arabo “la vera mano”) per diffondere messaggi scritti tra le diverse sezioni della prigione. Questi agenti avvolgevano le banconote su cui erano stati scritti i messaggi in pezzi di pane, li arrotolavano in palline, le lasciavano asciugare e indurire, e poi le gettavano tra le sezioni gridando “Posta dai combattenti per la libertà!”.
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