Editoriale

De Luca e Zaia out, rebus regionali con un “nuovo” M5S

di Dino Giarrusso -


Vincenzo De Luca è un rutilante vulcano che definire “politico” sarebbe riduttivo. È un capo, è un guascone, è una vecchia volpe, è un calcolatore, è un impulsivo, è un presuntuoso, è uno sceriffo, è un guappo, è intelligente, è matto, è bravo, è scarso, è amatissimo, è detestato, è tutte queste cose insieme, ed anche molte altre. È anche l’unico personaggio di Crozza ad essere più caricaturale della sua imitazione. Luca Zaia è molto più sobrio del suo omologo campano: grande PR di locali noto nel Veneto da oltre trent’anni, ha sposato presto la Lega degli albori e ne è diventato prima un consigliere locale, poi un importante esponente, poi un leader, infine uno che da solo -alle regionali- è capace di fare una lista molto più forte della Lega stessa, alla quale Zaia comunque è sempre rimasto fedele. La sentenza pronunciata dalla Consulta, che ha bocciato la legge voluta proprio da De Luca per consentirgli di svolgere un terzo mandato, non stronca solo le aspettative dell’ex sindaco di Salerno, ma anche quelle del nuovo Doge. Doge, che di mandati ne ha già fatti tre e se potesse correre ancora ne farebbe quattro senza che nessuno possa ad impedirglielo alle urne. Solo che correre non potrà, benché lui oggi parli di “sentenza che riguarda solo la Campania”, non arrendendosi -almeno per adesso- al principio ribadito dalla Corte Costituzionale. Adesso però iniziano i giochi veri, per un turno elettorale che ha delle caratteristiche particolarissime. Si voterà per le regionali in Veneto, Val d’Aosta, Toscana, Marche, Campania e Puglia. Mentre sul piano nazionale il centrodestra appare in netto vantaggio nei sondaggi (è la prima volta dal 1996 che una coalizione al governo aumenti i consensi dopo due anni e mezzo), nelle regioni interessate -e nel comune di Genova, il più importante fra quelli al voto- il centrosinistra ha moltissime chances di vittoria. Sempre che un centrosinistra esista, sia chiaro, e sappia compattarsi. La Toscana è storicamente rossa, e sarà difficile cambi colore. Puglia e Campania sono attualmente in mano ai progressisti e De Caro dovrebbe serenamente farcela. Le Marche sono passate al centrodestra ma non sarà facile per Acquaroli confermarsi ed è probabile l’alternanza, come già successo in Umbria e Sardegna. Giacché la Val d’Aosta fa storia a sé, sono Veneto e Campania le regioni dove davvero si gioca la partita. Dunque sono Zaia e De Luca ad avere il pallino in mano, e a decidere il risultato complessivo della partita. Ciò che ci sentiamo di prevedere è che nel Veneto Zaia si allinei, ottenendo probabilmente che la regione resti alla Lega e lui abbia un ruolo importante, magari al governo. Una sconfitta netta della destra sarebbe una botta politica, mediatica e psicologica esagerata per Giorgia Meloni e il suo governo, dunque dove è in vantaggio si blinderà. Il problema rimane sempre lo stesso, invece, per le opposizioni: hanno un’occasione d’oro per dare un colpo micidiale, ma sono divise e litigiose, ed in più hanno la (potenziale) grana De Luca. Giuseppe Conte spinge per candidare Roberto Fico (progetto vecchio di qualche anno), e almeno una ragione ce l’ha: statisticamente è più facile che la base PD voti un candidato M5S piuttosto che il contrario. Fico ha buoni rapporti con Schlein, che non è la miglior amica di De Luca ma è la segretaria del suo partito. Sì accetterà di sottoscrivere le volontà del viceré salernitano? Si accoglieranno Renzi e i renziani, Calenda e i calendiani, Picierno e i picierniani, pur di portare un’altra regione sotto l’egida di un fedelissimo contiano? E cosa ne direbbe la base del Movimento? Una gigantesca turata di naso per sostenere uno dei più antichi grillini della Campania? Va valutato anche l’avversario, che al momento non esiste giacché il potenziale candidato Martusciello si è defilato dopo l’inchiesta sui fondi Huawei al Parlamento Europeo che ha visto l’arresto di una sua collaboratrice. È un ulteriore segnale: la destra anche in Campania è in difficoltà, ma tenterà di attrarre a sé tutta quell’aria fluttuante (di centro e anche dichiaratamente di centrodestra) che è stata finora con De Luca per opportunismo, ma che potrebbe andare altrove se non avrà garanzie di spazi in una ipotetica maggioranza Fico. Di certo queste elezioni segneranno la probabile fine -de facto- della diversità politica dei Cinqustelle, giacché propongono un terzo mandato e alleanze basate molto sullo scambio politico. Una fine che però, a pensarci bene, potrebbe essere anche un inizio e dare grattacapi tanto a destra quanto a sinistra.


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