Attualità

Dazi Usa? A Bruxelles solo parole, le supply chain soffrono

di Giorgio Brescia -


A Bruxelles i leader dei 27 Paesi Ue si ritrovano per un vertice informale sul rafforzamento della politica di Difesa europea ma, pur non non ufficialmente in agenda, sul tavolo della loro discussione c’è il tema dei dazi minacciati dalla nuova amministrazione americana. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ormai prossimo all’addio all’incarico in un Paese che si avvia al voto, afferma risoluto che l’Europa è “pronta a rispondere ai dazi con i dazi”. Il presidente francese Emmanuel Macron si affianca a queste parole dicendo che “L’Ue sui dazi dovrà farsi rispettare e reagire” ritenendo che la misura annunciata dal presidente degli Usa “ci deve portare a essere uniti e più concreti”.

L’Alto rappresentante Ue per la Politica estera Kaja Kallas, invece, prova ad invitare Trump alla moderazione e all’apertura ad una trattativa, riflettendo sul fatto che “non ci sono vincitori nella guerra dei dazi, chi se la ride è la Cina”. L’Ue e gli Usa “sono legati – ha detto arrivando al vertice informale Ue. – , noi abbiamo bisogno di loro e loro di noi. I dazi non vanno bene per i posti di lavoro e per i consumatori”.

La mossa Usa, per il malcontento degli States circa i dazi dell’Ue su alimenti, automobili e prodotti agricoli importati dagli Stati Uniti, con il conseguente proposito di applicare dazi generalizzati tra il 10 e il 20 per cento all’import.

Un’escalation di queste scaramucce – specie quelle sull’asse Washington-Pechino – che non si sono ancora trasformate in guerra, preoccupa gli analisti. Kevin O’Marah, responsabile della ricerca e cofondatore di Zero100, una piattaforma di ricerca comunitaria che lavora per l’azzeramento delle emissioni di carbonio, aveva detto qualche settimana fa a Euronews che potrebbero verificarsi gravi problemi nelle catene globali di approvvigionamento. Ciò che non emerge, in questo quadro di confronto a distanza tra i Paesi, è la risposta dei sistemi d’impresa di ogni singolo Stato. Al proposito O’Marah aveva pure rilevato che “pochissime aziende – se non nessuna – stanno effettivamente accumulando scorte o spostando in modo significativo gli impegni di fornitura verso nuovi Paesi in risposta agli ultimi segnali sui dazi”.


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