Attualità

Dazi, già i primi licenziamenti in Canada

di Cristiana Flaminio -


Dazi fanno rima con licenziamenti. Tra i due litiganti, s’inserisce la Cina: sui dazi gli Stati Uniti dialogano (anche) con il Dragone mentre l’Ue annuncia un summit, per oggi e domani, tra il commissario Sefcovic che si recherà a Pechino. Ieri, dopo il tavolo di confronto tra Usa e Europa, c’è stata la call tra il rappresentante commerciale americano Jamieson Greer e il vicepremier cinese He Lifeng. Come da copione, emerge poco se non la volontà, da parte di Washington, di tenere il punto fino a che sarà possibile. Almeno con la Cina. Mentre le trattative fervono da un capo all’altro del mondo e la deadline del 2 aprile si avvicina, si inizia a fare i conti con gli effetti collaterali che avrebbero i dazi sull’occupazione. In Canada, a causa delle tariffe su acciaio e alluminio, stando alla denuncia del sindacato United Steelworkers, sarebbero già scattati 200 licenziamenti ma a rischio ci sarebbero, complessivamente, ben 100mila operai. Ma si tratta di stime che, probabilmente, non sono neanche così precise dal momento che Matty Warren, il leader del sindacato canadese che conta poco più di 225mila iscritti, ha parlato a Reuters, appunto, solo di suoi “tesserati” a rischio. Non andrebbe granché meglio in Italia dove, secondo l’analisi del segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, i posti di lavoro a rischio a causa dei dazi sarebbero, a fronte di una platea di addetti dei comparti colpiti dalle tariffe pari a circa 400mila lavoratori, da quantificare tra i 50 e i 60mila. Oltre ai sindacati sono preoccupati anche gli imprenditori. Per Alessandro Spada, presidente Assolombarda, i dazi, oltre a una raffica di licenziamenti, potrebbero costare all’export italiano qualcosa come sette miliardi di euro.


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