Economia

Non solo dazi, Bruxelles teme l’assalto cinese ai chip Ue

di Giovanni Vasso -


Dallo scontro dei dazi alla battaglia dei chip. Ogni guerra, soprattutto quelle economiche e commerciali, è fatta di strategie, di tattiche e di scelte. L’Europa, in vista dello scontro aperto con la Cina, dopo l’offensiva dei dazi alla frontiera per le auto elettriche del Dragone, tenta di capire se e come lo scontro con Pechino potrebbe penalizzare la sua filiera dei chip. Dopo tanti sforzi, e nel tentativo di recuperare anni di inazione, l’Europa finalmente sta vedendo sorgere un comparto industriale all’altezza, almeno in potenza, delle sue necessità. Ma tutto ciò potrebbe venir frustrato dall’ennesima offensiva (al ribasso) proveniente dalle aziende cinesi con le solite armi dei costi al ribasso e dei sussidi di Stato.

Stando a quanto riporta Politico, la Commissione europea avrebbe iniziato una sorta di giro di consultazione tra i produttori comunitari di semiconduttori e chip. Le richieste, o meglio le domande, avanzate da Bruxelles sono tanto semplici quanto importanti. L’obiettivo dell’Ue è quello di capire se esistono dei prodotti cinesi capaci di sostituire al ribasso quei componenti e semiconduttori di produzione europea che risultano decisivi e strategici per la produzione automobilistica e, in seconda (ma non meno rilevante) battuta, per il settore degli elettrodomestici. Inoltre, i funzionari brussellesi intendono scoprire se, ed eventualmente in che modo, i produttori cinesi di chip possano “danneggiare” la produzione europea. Tanto di semiconduttori quanto di altri prodotti. Ci sono due premesse, infatti, che l’Ue non può ignorare se intenderà andare fino in fondo nella guerra commerciale scatenata contro la Cina. La prima arriva dal recentissimo passato. L’esperienza dell’everything shortage, della mancanza di materie prime e semilavorati, di prodotti industriali, subito dopo la pandemia Covid ha paralizzato per mesi l’industria occidentale e, segnatamente, quella del Vecchio Continente. La seconda invece riguarda la struttura economica dell’Europa stessa. Che parla molto di green e di digitale ma che, nel corso dei decenni, non ha saputo creare un vero e proprio “campione” continentale accontentandosi di ritagliarsi il ruolo di pioniere legislativo e talora politico. Due premesse che hanno rappresentato la sferza della necessità sotto la quale l’industria europea del settore è riuscita, non senza difficoltà, a imporsi nella produzione di componentistica di alto livello per l’auto e per gli elettrodomestici. Sta per nascere qualcosa e l’Ue non vuole che finisca schiacciato dall’aggressività delle imprese asiatiche sovvenzionate dallo Stato cinese. E, anzi, sembra voler investire su una struttura comune pan-europea che riunisca tutti, o quantomeno il maggior numero possibile di industrie Ue (dai tedeschi di Infineon, gli olandesidi Nxp e gli italo-francesi di Stmicro), per la produzione di wafer o per armonizzarne il confezionamento. L’Ue, che è stata messa sull’avviso dagli Stati Uniti, non può più aspettare: la guerra dei dazi passa per la battaglia del chip.

Già da tempo funzionari europei e statunitensi stanno avvisando le istituzioni che in Cina sarebbe in atto un’importante “offensiva” economica dedicata proprio a potenziare la filiera del chip. Il Dragone, del resto, è tra i Paesi leader non solo nella produzione di ogni genere di semiconduttore ma, soprattutto, ha condotto negli ultimi anni una politica sagace che ha portato la Cina a detenere il controllo di interi comparti della filiera, a cominciare dalle terre rare e dal loro sfruttamento. La battaglia dei chip, lo scontro dei dazi si iscrivono tutti in quello che, se osservato un po’ più da lontano, appare il medesimo fenomeno. Ossia la grande guerra commerciale tra Oriente e Occidente. Con Pechino che punta a imporsi come superpotenza e Usa e alleati, dall’altro lato, che cominciano una ordinata ritirata dalla Cina stessa mettendo in campo una strategia di reshoring.


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