Economia

Dazi auto, la Cina trascina l’Ue alla Wto: è guerra

di Giovanni Vasso -

epa11270103 The logo of the World Trade Organization (WTO) before a press conference on the WTO's 'Global Trade Outlook and Statistics' at its headquarters in Geneva, Switzerland, 10 April 2024. EPA/SALVATORE DI NOLFI


Per citare l’indimenticato Corrado Mantoni, la vicenda dei dazi Ue sulle auto cinesi “non finisce qui”. Ma finirà davanti all’arbitrato dell’Organizzazione mondiale del Commercio. Pechino, difatti, ha intenzione di trascinare l’Unione Europea davanti alla Wto. E fin qui, male ma non malissimo. Il problema, quello vero, sta nella minaccia, nemmeno troppo velata, da parte della Cina di bloccare le supply chain automobilistiche. E per le case europee, già stremate dall’everything shortage insorto dopo la pandemia Covid, sarebbe una mazzata di dimensioni globali.
Il governo cinese ha deciso di opporsi, in ogni modo, alla scelta Ue di applicare, o meglio di aumentare fin del 38% i dazi sulle auto elettriche esportate nel Vecchio Continente. E pertanto, ieri, il portavoce del ministero del Commercio, He Yadong, ha tuonato: “La Cina si riserva il diritto di presentare una denuncia all’Organizzazione mondiale del Commercio e adotterà tutte le misure necessarie per difendere con decisione i diritti legittimi e gli interessi delle aziende cinesi”. L’esponente del governo di Pechino ha deplorato quello che accusa essere “un atto di palese protezionismo” che “comprometterebbero la cooperazione che è di beneficio per entrambi nel campo dei veicoli elettrici, ma stravolgerebbero anche l’industria automobilistica a livello globale e le catene di approvvigionamento”. Il nuovo regime di imposizione alla dogana dovrebbe scattare dal 4 luglio prossimo quando verranno pubblicate anche le motivazioni che hanno indotto la Commissione a stangare le auto cinesi, il cui prezzo ultra-competitivo sul mercato sarebbe il risultato di un regime di sussidi ingiusti e di prezzi artificiali. In pratica, ci sono poco meno di venti giorni per tentare una composizione tra le parti. Bruxelles, stretta tra la morsa del Dragone e quella dell’alleato americano che spinge per l’isolamento della Cina, rischia davvero grosso. Per di più in un settore, come quello dell’automotive, dove, a differenza di tanti altri campi (dall’energia fino all’hi-tech) è forte e vanta campioni di rilevanza planetaria. Che, per la maggior parte, sono tutti contro la scelta operata dalla Commissione. Ai tedeschi ultra-scettici, che hanno molto mercato in Cina, si è aggiunta anche l’italofrancese Stellantis che “in quanto azienda globale” riferisce di credere “nella concorrenza libera e leale in un ambiente commerciale mondiale e non sostiene misure che contribuiscono alla frammentazione del mondo”. Del resto, il colosso presieduto da John Elkann, nei mesi scorsi, ha ufficializzato “la sua joint venture con Leapmotor” di cui Stellantis “detiene i diritti di produzione al di fuori della Cina” e s’è dichiarata sicura di poter competere sul mercato delle Bev con la nuova Citroen e-C3 prodotta in Europa al prezzo (base) di 20mila euro.
Le reazioni alla scelta della Commissione sono state molteplici. Unimpresa applaude Bruxelles asserendo che “la decisione” rappresenta “una misura necessaria e benvenuta per contrastare la concorrenza sleale e proteggere l’industria automobilistica europea”. Coldiretti, invece, riapre una vecchia ferita riportando d’attualità la vicenda biocarburanti bocciati a vantaggio degli e-fuel tanto cari all’industria automobilistica tedesca: “Ora l’Ue deve togliere il veto sull’utilizzo dei biocarburanti, ingiustamente esclusi dalle deroghe accordate in vista della fine delle vendite di auto con motori alimentati a benzina e diesel, metano e Gpl fissata per il 2035”. “L’Italia – ha detto il presidente Ettore Prandini – è leader Ue nella sperimentazione e produzione di sementi e tecnologie che rendono la produzione di materia prima agricola per biocarburanti perfettamente sinergica, complementare e migliorativa della stessa produzione agricola realizzando un perfetto modello di economia circolare che è un grave errore escludere dalle nuove strategie energetiche europee”.


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