Dazi Usa dal 1 aprile e non sarà uno scherzo
Segnalatevelo in agenda: 1 e 2 aprile, sarà la data in cui gli Stati Uniti applicheranno, definitivamente, i nuovi dazi su alcuni settori chiave per l’economia: dall’automotive fino ai prodotti farmaceutici passando per i chip e i semiconduttori. Se non fosse per quest’ultima voce, sembrerebbe proprio un elenco stilato su misura per colpire l’Unione europea. Che, appunto, trema per le eventuali conseguenze che potrebbero derivare dall’applicazione delle tariffe commerciali. La notizia è giunta nella notte, direttamente da Mar-a-Lago, il quartier generale del presidente degli Usa Donald Trump in Florida. Il programma di dazi sarà ufficializzato il 1 aprile, e non sarà uno scherzo. Così che dal giorno dopo possano già entrare in vigore. I beni alla frontiera saranno gravati di un’imposta doganale pari, per ora, al 25 percento. Questa è la quota base. Attorno alla quale si valuterà, caso per caso, l’imposizione. Per esempio, Trump ha dichiarato che sulle importazioni legate al settore automobilistico il dazio da pagare sarà pari al 25 per cento mentre, per quanto attiene alla farmaceutica e ai semiconduttori, potrebbe essere anche più pesante. Non nasconde, il presidente Usa, la volontà di voler pure aggravare questo regime nel corso dell’anno, almeno per quanto attiene al campo dei chip e dell’alta tecnologia. E non lo fa certo per mostrarsi più cattivo ma, semplicemente, per accelerare il processo di delocalizzazione delle imprese taiwanesi, leader nei semiconduttori, dall’isola contesa agli Stati Uniti. Un processo che, peraltro, è in corso già da mesi e che era stato iniziato (e agevolato) dall’amministrazione precedente a quella di Donald J. Trump. I dem di Biden, però, avevano “convinto” gli imprenditori di Taiwan a spostarsi negli Stati Uniti facendo loro affermare che, alla base di tale trasloco, ci fossero le tensioni geopolitiche tra Taipei e Pechino che, come noto, persegue la politica dell’unica Cina e “minaccia” l’autonomia e l’esistenza in vita come Stato a sé della stessa Taiwan. Secondo alcune proiezioni, inoltre, non conviene nemmeno troppo agli Stati Uniti applicare dazi pesanti sui chip taiwanesi dal momento che Tmsc, per citarne una sola, è tra i fornitori più importanti di Nvidia e Apple. Appesantire la supply chain di queste due aziende potrebbe significare intralciare la corsa, a perdifiato, delle imprese Usa al primato digitale globale.
C’è poi la vicenda dell’auto e dei farmaci. Che preoccupano gli europei, in particolare i tedeschi. Ma dalla Germania, per qualche giorno, arriveranno voci confuse e dettate dalla necessità di far parlare la campagna elettorale. Allo stato attuale, a Berlino e dintorni, nessuno vuole la guerra diretta con gli Stati Uniti. Ma c’è pure un altro grande player globale che teme di finire male. E si tratta del Giappone. A Tokyo, dove si assiste allo psicodramma della (mancata, per ora) fusione Nissan-Honda, il governo s’è già mosso: “Abbiamo sollevato la questione presso il governo statunitense, evidenziando l’importanza della nostra industria automobilistica. Continueremo ad analizzare accuratamente i dettagli delle misure che verranno rese note, nonché i loro impatti sul nostro Paese, per rispondere in modo adeguato”, ha detto in conferenza stampa il capo di gabinetto e principale portavoce del governo Yoshimasa Hayashi. Che ha aggiunto: “Procederemo a esaminare con attenzione i dettagli specifici e gli impatti di tali misure sul nostro Paese e, tenuto conto dell’importanza dell’industria automobilistica, adotteremo le misure appropriate”. A differenza dell’Europa, che sul digitale ha assunto una posizione di law-maker abbastanza arcigno, percepito come arrogante e snob dall’altra parte dell’Atlantico, il Giappone recita un ruolo importante per i programmi digitali americani con la banca Softbank che continua a pompare miliardi nella ricerca e nei progetti tech Usa più ambiziosi, come Stargate. Inoltre c’è da ricordare come Tokyo sia stata costretta a registrare il flop, in terra americana e in ambito siderurgico, dell’offerta di acquisto avanzata da Nippon Steel nei confronti di Us Steel. Una vicenda economica spinosissima in cui gli Stati Uniti hanno fatto valere la mozione del patriottismo su un comparto economico più che strategico.
L’Europa, e l’Italia, intanto devono fare i conti con la situazione attuale. In attesa del 1 aprile e dei dazi che verranno. Situazione che vede l’Ue fare i conti con gli errori del passato. Dopo le parole di Draghi, quelle dell’ad Filiera Italia Luigi Scordamaglia che tuona: “È vero che i dazi potrebbero danneggiarci, come ha già detto l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, ma è una parte infinitesimale rispetto al danno che ci stiamo autoinfliggendo come Europa con una iper regolamentazione e, in questo senso si veda l’ultima Commissione Ue. La solo burocrazia europea costa infatti 150 miliardi di euro all’anno”. Ecco, nemmeno questo è uno scherzo.
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