Dall’antico Egitto arriva a Verona la Barca Funeraria di 4000 anni fa
Ha quasi 4000 anni il modello di barca funeraria a vela proveniente dall’Antico Egitto entrato nella collezione di Palazzo Maffei, uno dei palazzi più suggestivi di Verona, arricchendo di storia e fascino una collezione in mostra che merita un viaggio nel tempo.
Un altro pezzo strabiliante va ad arricchire la collezione del museo nella suggestiva e iconica Piazza delle Erbe, voluto dal collezionista Luigi Carlon, la più antica, a questo punto, delle oltre 650 opere esposte.
Nella sala del secondo piano espositivo, che già riunisce, tra le altre cose, alcuni pezzi antichi di provenienza greco-romana e la “summa” del sapere con l’edizione integrale dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alambert, la Barca Funeraria testimonia il forte senso della vita nell’aldilà tipico della cultura egizia, simboleggiando il trasporto dell’anima del defunto dal mondo dei vivi al mondo dei morti.
Era infatti convinzione che il defunto sarebbe entrato nella Duat (il Regno dei morti) con il suo corpo, motivo per la mummificazione e la conservazione degli organi più importanti, e qui il dio Osiride avrebbe infuso nuovamente il soffio della vita.
Databile tra il 1939 – 1850 a. C., carica di significati e speranze, l’imbarcazione lunga 50 centimetri appartiene dunque a quel gruppo di modellini, prodotti soprattutto nel periodo del Medio Regno, generalmente depositati all’interno delle sepolture dei dignitari egizi.
Sotto la struttura mobile coperta (la cabina), si scorge così il corpo del defunto circondato da sei rematori inginocchiati che simulano il movimento della remata, mentre a poppa vi è il timoniere.
Completo di tutte le sue parti primarie, in legno modellato e intagliato con tracce di policromia, il reperto esposto a Palazzo Maffei ha lo scafo con decorazioni lineari bianche e brune e fori di innesto per il fissaggio dei vari elementi mobili e dei personaggi, mentre l’albero maestro è disposto centralmente e dotato di vela arrotolata che poggia orizzontalmente su un ulteriore supporto mobile. Il tutto, incredibile ma vero, per rendere “funzionante” l’imbarcazione anche nell’aldilà, affinché, come da usanza, il defunto potesse essere condotto con sicurezza a destinazione.
Chi non avesse posseduto una barca propria al momento del passaggio ad altra vita, secondo la credenza dell’epoca, infatti, non sarebbe potuto entrare nella Duat finché Anubi in persona non lo avesse traghettato sulla Barca della Sera: un passaggio tuttavia pieno di prove spirituali, simboliche e grandi insidie per l’anima del defunto, che doveva resistere ai pericolosi demoni incontrati nel percorso, tenuti a bada solo da una Barca Solare (la Barca di Ra), che conduceva l’astro attraverso le ore del giorno da Oriente a Occidente.
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