Politica

PRIMA PAGINA-Dall’Agenda Draghi al governo Meloni. La disgregAzione al centro per un posto di governo

di Giuseppe Ariola -


Certamente suo malgrado, ma il nome di Mario Draghi sembrerebbe avere una certa centralità nei recenti movimenti che hanno portato Mara Carfagna alla Camera e Mariastella Gelmini e Giusy Versace al Senato a lasciare il partito che fa capo a Carlo Calenda e i relativi gruppi parlamentari. Fin dalle sue origini, l’orizzonte politico di Azione è stato dichiaratamente quello di perseguire la cosiddetta ‘Agenda Draghi’. E di farlo, insieme a Italia Viva di Matteo Renzi. Quindi al di fuori dei due grandi blocchi del bipolarismo italiano, nei quali ci sono il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra da un lato e Fratelli d’Italia dall’altro, partiti che hanno osteggiato, prima, durante e dopo, l’esperienza di governo dell’ex presidente della Bce. Senza contare che sia Calenda che Renzi non hanno lesinato critiche anche agli altri due grandi partiti di centrodestra, Lega e Forza Italia, ritenuti tra i responsabili della conclusione anticipata della permanenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi. L’esperienza del Terzo Polo nasce proprio da questi presupposti, tanto che tra i big che hanno dato vita al nuovo cartello elettorale ‘centrista’, oltre ai leader dei due movimenti, Calenda e Renzi, spiccano ben tre ministri del governo Draghi: l’allora renziana Elena Bonetti, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini che nel frattempo avevano lasciato Forza Italia in rottura con Berlusconi e con lo stato maggiore del partito. Nel corso degli ultimi due anni, l’agglomerato terzopolista ha provato a muoversi nel solco dell’Agenda Draghi, ma con un peccato originale, ovvero il tentativo di farlo senza Draghi che si è tenuto ben distante dalla vita politica italiana. Recentemente però l’ex presidente del Consiglio è ricomparso sulla scena con due incontri che non potevano certamente passare inosservati. Il primo – anche l’ordine temporale potrebbe essere importante – con Marina Berlusconi, alla presenza di Gianni Letta, e il secondo con Giorgia Meloni. A ridosso delle due riunioni le ex esponenti di Forza Italia hanno maturato l’idea di abbandonare Azione per tornare nel centrodestra, trasferendosi a pieno titolo dai banchi dell’opposizione a quelli della maggioranza. La meta sembra infatti ormai destinata a essere Noi Moderati di Maurizio Lupi che, improvvisamente, da questa estate ha iniziato a essere invitato ai vertici di maggioranza a Palazzo Chigi in qualità di ‘quarta gamba’ del governo. Una circostanza indigesta ai due vicepremier Salvini e Tajani ma che ricalca perfettamente lo schema già utilizzato da Berlusconi, quando per gestire le pratiche della maggioranza faceva la conta in base al numero dei vari partiti presenti al tavolo, tra cui quelli più piccoli che godevano solamente del diritto di tribuna nelle liste di Forza Italia, invece che delle loro percentuali elettorali. In un simile quadro è ovvio che Maurizio Lupi scalpiti per un incarico di governo, tanto più se con il benestare di Giorgia Meloni e l’aiutino di Gianni Letta riuscisse a riportare nel centrodestra e a far entrare nei propri gruppi tre parlamentari centriste che fino a tre giorni fa sedevano all’opposizione e delle quali i vertici di Forza Italia non vogliono neanche sentir parlare. Probabilmente a fare gola è il posto di Raffaele Fitto che dovrà essere rimpiazzato a breve. Che sul tavolo ci sia una poltrona da ministro o una da sottosegretario (deleghe di Fitto a parte, quelle dei dimissionari Montaruli al ministero dell’Università e della ricerca e di Sgarbi alla Cultura non sono mai state riassegnate), di certo le caselle disponibili fanno gola e sono oggetto di ambizioni e, soprattutto, di trattative. Da quando Carfagna, Gelmini e Versace hanno annunciato l’addio ad Azione e al sogno di inseguire l’agenda Draghi è ormai trascorso qualche giorno, ma le comunicazioni di rito alle presidenze della Camera e del Senato relative al loro passaggio ad altri gruppi parlamentari non sono state ancora trasmesse. Sia sul sito di Montecitorio che su quello di Palazzo Madama tutte e tre risultano ancora aderenti ad Azione. Inoltre, ieri Mara Carfagna sedeva tra i banchi della presidenza della Camera in qualità di segretaria d’Aula in quota Azione, come è riportato anche nel resoconto stenografico dei lavori. Non solo una formalità, ma un tecnicismo che diventa sostanza politica se riferibile, come pare essere, alla necessità di prendere tempo per chiudere la triangolazione delle trattative in corso tra le ex terzopoliste, Maurizio Lupi e Giorgia Meloni.


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