Salute

Dagli ospedali agli infermieri Sanità: la ricetta di Garattini

di Eleonora Ciaffoloni -


Dagli ospedali agli infermieri Sanità: la ricetta di Garattini

La sanità è in emergenza.
Una frase ridondante, detta e ridetta, e che, nonostante il susseguirsi di allarmi e di richiami da parte dei lavoratori del settore e dei rappresentanti, dei sindacati e delle associazioni di categoria, non sembra voler essere ascoltata. Sono centinaia le strutture che in tutta Italia faticano a trovare personale o che si ritrovano a ranghi ridotti, causando disagi ai pazienti e limitando il servizio alla cittadinanza per quell’accesso alle cure che dovrebbe essere gratuito.
I casi, tra gli ultimi, sono quelli che vengono dal Veneto, con la Regione che ha richiamato i “bocciati” ai corsi di operatori sanitari (oss) per coprire i posti delle RSA, o ancora dalla Calabria, dove il governatore Roberto Occhiuto propone al governo l’istituzione di alcuni vantaggi per i lavoratori del settore sanitario per sopperire alla grave carenza di medici negli ospedali calabresi.

Due esempi che si uniscono al grido all’unisono dei medici di base, con decine di pazienti in esubero, degli operatori dei Pronto Soccorso e a quelli delle Aziende sanitarie locali che lamentano – insieme ai pazienti – lunghissime liste di attesa (e attese) e tantissimi casi di rinuncia alle cure da parte dei pazienti, che si ritrovano al bivio: non accedere alle cure, oppure rivolgersi alla sanità privata. Proprio questo settore, attualmente in Italia, vanta un giro di affari da 60 miliardi di euro, ed è semplice da comprendere: per una visita prenotata tramite il Ssn, le attese arrivano fino a due anni; per una visita intramoenia, in 48 ore, pagando, la pratica è risolta.
Problematiche vaste che comprendono più aspetti del servizio sanitario, ma tutte legate alla più grande crisi strutturale che impregna la sanità ormai da anni.

RIFORMA A QUATTRO

A proporre una riforma del Servizio Sanitario Nazionale è Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano, spiegata all’interno della propria rubrica settimanale su Oggi.
Secondo Garattini l’intervento sul sistema sanitario nazionale va diviso in quattro parti, anzi, quattro mosse da compiere sui rispettivi “settori”: ospedali, stipendi, medici di base e infermieri. Una sorta di ricetta “salva sanità” che secondo il farmacologo i nostri politici dovrebbero prendere in considerazione e “dimostrare un po’ di coraggio” per “dimostrare di essere dalla parte dei malati”.

Secondo il farmacologo, in primo luogo, bisogna rivedere l’organizzazione ospedaliera. “Si dice che l’Italia sia ospedalocentrica: abbiamo troppi piccoli ospedali disseminati sul territorio”. E quindi, “Occorre raggruppare i servizi in ospedali di adeguate dimensioni, perché nelle piccole strutture i medici non vengono usati in modo ottimale, perché non hanno sufficienti numeri di pazienti”. Gli esempi che fa Garattini sono esplicativi: “Si hanno spesso cardiochirurgie o altri servizi complessi a pochi chilometri di distanza” e “raggruppare i servizi e migliorare i trasporti significa diminuire il personale necessario oppure ottenere con gli stessi addetti maggiore produttività”.
La seconda mossa interventistica riguarda la categoria degli infermieri, che “come in altri Paesi, dovrebbero poter svolgere attività oggi esercitate impropriamente dai medici” e quindi alleggerirne il lavoro. Ossia “Fare prescrizioni di farmaci che vengono usati per malattie croniche o impiegarli per cateterismi o per iniezioni endovenose, dopo adeguata formazione, darebbe più tempo ai medici per attività più importanti”.

Terzo intervento, quello che riguarda i medici di famiglia che “non sono stati ascoltati” e sono stati lasciati soli. Impossibile pensare, dice Garattini, “che un medico vada lasciato solo con 1.500 o più cittadini perché la medicina è diventata molto complessa”. I più intraprendenti, racconta, hanno realizzato forme di collaborazione che rappresentano la fase sperimentale delle “case della comunità”.
Le “case di comunità sono luoghi in cui si mettono insieme più esperti: pediatra di famiglia, infermieri, psico e fisioterapisti gestiti da una segretaria informatizzata” con “Gli ambulatori aperti 7 giorni alla settimana per almeno 8 ore al giorno” quasi come una azienda sanitaria locale. Ma le proposte si allargano: “Si deve attivare la telemedicina per parlare con i pazienti e con gli specialisti ospedalieri” o ancora “si devono unire gli assistenti sociali per occuparsi dei pazienti a domicilio e coinvolgere il terzo settore”. Il tutto finalizzato ad alleggerire il settore della medicina di emergenza continuamente bersagliata e non in grado – per numeri e per personale – a rispondere alle richieste.
Infine, il capitolo stipendi.

Secondo Garattini “è urgente aumentare le retribuzioni al personale sanitario perché siamo ai livelli più bassi d’Europa”. Perché già in molti tra medici e infermieri hanno lasciato l’Italia e con queste prospettive “continueranno a farlo per lidi più remunerativi”. È importante, conclude Garattini, “che tutti coloro che lavorano con il Ssn siano dipendenti come auspicato recentemente dal ministro Schillaci”.
Idee che potrebbero e che dovrebbero essere messe in campo. Eppure la sanità pubblica per cui tutti inneggiano la “difesa” non è mai stata messa al centro dell’agenda politica del governo o di iniziative forti da parte delle opposizioni, non riesce a entrare nell’agenda prioritaria del paese.
A rischio, come già trattato da L’Identità, vi è tra le conseguenze più gravi quello della fine della gratuità della sanità. Un pubblico che già ha preso la via del privato e che, senza intervento – ma soprattutto senza fondi – rischia la trasformazione completa. Una questione politica, economica, ma anche sociale, ma su cui ancora tutto tace.


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