Da un azzurro all’altro: al via l’era Luciano Spalletti
Emozioni: Luciano Spalletti riparte da qui. Da un azzurro all’altro. Da Napoli a Coverciano, via Skopje. Con un occhio all’Inghilterra e un mezzo sorrisetto. Non perché i Tre Leoni saranno i nostri avversari più temibili (e avvelenati) per la corsa a Euro 2024. Ma perché a Newcastle, l’altra sera, Roberto Mancini ha cominciato col piede sbagliato la sua avventura alla guida dell’Arabia Saudita. Spalletti, del Mancio, non parla. Del resto, di polemiche, oltre all’addio del predecessore, le ha sollevate anche il suo arrivo.
“Quando sentirò l’inno sarà un’emozione e sarà una cosa che mi darà lo slancio necessario per stare su questa panchina”. Emozioni, dunque. Le stesse che, a Napoli, lo avevano prosciugato. Dopo la conquista dello storico terzo scudetto. Il più inaspettato, iniziato nella contestazione, proseguito nel trionfo di una festa a lungo attesa e, per qualche giornata, slittata. Un’avventura infinita. Chissà se, al di là del muso lungo di Aurelio de Laurentiis, l’arrivo di Spalletti sulla panchina della Nazionale convincerà Napoli, solido e convinto avamposto argentino in Europa, a far pace con l’azzurro italiano.
Le emozioni, dunque. Ma la realtà è quella che è. Lo stato catatonico del calcio italiano è sotto gli occhi di tutti. Luciano Spalletti, però, non ha paura. E si gode il fatto di avere, per la prima volta in carriera, “un presidente” che “mi ha comprato tutti i giocatori che volevo e mi ha detto che ne può prendere anche altri”. Non è una stilettata ad Adl. Nemmeno a Zhang o agli americani a Roma. No. È la presa d’atto di un ruolo nuovo, almeno rispetto a quello dell’allenatore di club. Ma dell’esperienza nelle sue squadre, Spalletti vuole portare a Coverciano il vento della grinta che passa da una nuova consapevolezza dei propri mezzi: “Non dobbiamo mai sentirci vittime e dobbiamo andare alla ricerca di ciò di cui abbiamo parlato tutta la settimana, poi si spera sempre che il risultato sia una conseguenza. Noi abbiamo dei calciatori forti nella nostra Nazionale, abbiamo tutto ciò che ci vuole per fare un buon calcio”. Il nuovo ct è convinto che è possibile ripartire da un punto preciso: “Bisogna essere un po’ organizzati e su questo abbiamo speso molte ore del nostro tempo a Coverciano: dentro la corretta organizzazione c’è il fatto di lasciare spazio all’estro e alla fantasia dei calciatori, queste cose non vanno mai ingabbiate. Nell’organizzazione la cosa difficile diventa non attaccare sempre o aspettare sempre, ma saper leggere i momenti della partita”. “L’importante – ha detto Spalletti – è che tutti siano disponibili nell’essere un blocco squadra: ci saranno momenti in cui loro gestiranno la palla e noi dobbiamo essere nove giocatori al limite della nostra area. Bisogna far vedere un’idea di calcio che faccia innamorare tutti coloro che ci vogliono bene e hanno a cuore le sorti della Nazionale”.
L’entusiasmo, lo stesso che ha trascinato il suo Napoli a un trionfo inaspettato, dovrà scacciare i venti dell’Azzurro tenebra che spirano, da mesi, su Coverciano. Non sembra un caso che Luciano Spalletti riparta da Skopje, dalla Macedonia del Nord. La stessa che, qualche mese fa, ha decretato la seconda mancata qualificazione di fila, dell’Italia, ai mondiali. Una dèbacle di dimensioni storiche, mai accaduta fino a quel momento, nella lunga (e spesso travagliata) storia del calcio tricolore.
Sulle spalle di Spalletti, una responsabilità da far tremare i polsi. Da un lato, il successo europeo del 2021, dall’altro il flop mondiale, impongono all’Italia il dovere di esserci all’edizione 2024 della rassegna continentale. Tempo ce n’è. Ma non è tantissimo. La nuova Nazionale è già chiamata a far punti dopo un inizio incerto. I risultati, nello sport, sono l’unica cosa che conta. Mentre i meme già si scatenano alla ricerca della “bandiera” che Luciano Spalletti (come Icardi e Totti prima e Insigne poi) sacrificherà al nuovo corso, l’Italia sogghigna della scelta di Roberto Mancini. Travolto 1-3 a Newcastle, nella dependance europea del potentissimo fondo Pif, dalla modestissima Costarica. In attesa di buscarne altre dalla Corea del Sud.
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