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Da Provenzano a Riina, i boss morti in carcere

di Cristiana Flaminio -


Matteo Messina Denaro è morto in carcere. Come tanti altri prima di lui. Altri superboss, Capi dei Capi, tiratori di fila, membri delle Cupole. Gente il cui nome ha fatto paura, che ha tentato di sfidare lo Stato. E ha perso. Come Bernardo Provenzano, deceduto a 83 anni all’ospedale San Paolo di Milano il 13 luglio del 2016. È morto al 41 bis, al carcere duro. Era stato arrestato dieci anni prima, l’11 aprile 2006, a Corleone, in una masseria che poi, passata al setaccio, svelò come comunicasse il superboss della Cupola: coi pizzini, termine che da allora è entrato nel linguaggio comune.

È morto in un carcere anche Totò Riina. A poco più di un anno di distanza da Provenzano. Riina è deceduto il 17 novembre del 2017 nel reparto detenuti dell’ospedale Maggiore di Parma. Aveva da qualche ora compiuto 87 anni e il suo ultimo compleanno l’aveva passato in coma, dopo aver subito due operazioni chirurgiche. La sua permanenza in cella è durata molto più a lungo di quella dello stesso Provenzano. Era stato arrestato il 15 gennaio del 1993, a Palermo. Il suo arresto sancì la fine della strategia stragista della mafia e simboleggiò la vittoria dello Stato sulla Cupola.

È morto in carcere, dove era ristretto al regime del 41 bis, un anno fa, Nino Santapaola, fratello di Nitto, capo riconosciuto della criminalità organizzata siciliana e, in particolare, catanese.

Non solo mafia. È lunga, lunghissima, la lista di boss e capi che hanno finito i loro giorni chiusi dietro le sbarre. È morto così Cosimo Di Lauro, 49 anni, deceduto a giugno scorso nel carcere di Opera, a Milano. Nel 2002 aveva assunto, durante la latitanza del padre Paolo, la reggenza dell’Alleanza di Secondigliano. Ma le sue strategie avevano causato dissapori presto tramutatisi in guerra aperta con i gruppi degli Scissionisti. Venne arrestato a Secondigliano, nel mese di gennaio del 2005. Risale a più di due anni fa, invece, la morte (sempre in carcere) di Raffaele Cutolo. È morto a 79 anni, il boss dei boss, leader incontrastato della Nco, la nuova camorra organizzata, che insanguinò la Campania, e non solo, tra gli anni ’70 e ’80. Cutolo, che aveva passato tutta la sua vita in carcere, è deceduto all’ospedale Maggiore di Parma a causa di una setticemia innescata da una polmonite.

Ancora una volta a Parma, a febbraio di quest’anno, invece, è deceduto all’ospedale Maggiore Giuseppe Nirta, detto Versu. Era stato arrestato a Locri, nel Reggino, nel 2008. Aveva 83 anni. Dal 2016 era stato trasferito nella sezione di alta sicurezza della casa circondariale emiliana. Aveva avuto dei problemi cardiaci. La famiglia di Nirta è ritenuta coinvolta in una delle faide di ‘ndrangheta più sanguinose e impressionanti degli ultimi anni. Si tratta di quella di San Luca. Culminata nell’agguato di San Luca, a Natale 2006, in cui perse la vita Maria Strangio, moglie del figlio di Nirta, Giovanni, ritenuto il vero obiettivo dei sicari. A quell’attentato fece seguito quella di Duisburg, in Germania. Il 15 agosto del 2007 furono falciate sei persone davanti a un ristorante italiano.


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