Da Mbappé a Liguori e Portanova: calcio, violenze sessuali e polemiche
Nel giorno in cui un fuoriclasse come Kylian Mbappé finisce nella bufera mediatica per una non meglio precisata vicenda di presunta violenza sessuale, il calciatore condannato in primo grado di giudizio per stupro può ancora lavorare, in questo caso scendere in campo perché fino alla Cassazione è un cittadino non colpevole, oppure dev’essere messo fuori rosa per la gravità e il disvalore sociale di quello che avrebbe commesso, visto il suo ruolo pubblico che lo fa assurgere anche a un esempio per i minori? L’interrogativo che periodicamente torna alla ribalta della cronaca – l’anno scorso era stato sollevato per Manolo Portanova della Reggiana cui erano stati inflitti 6 anni di carcere dal giudice di Siena per stupro di gruppo -, è tornato di grande attualità dopo che l’attaccante del Padova, Michael Liguori, nei giorni scorsi è stato condannato a 3 anni 4 mesi dal tribunale di Teramo per avere stuprato nel luglio 2018 ad Alba Adriatica una adolescente di 14 anni. Il sindaco della città del Santo, Sergio Giordani, ha detto chiaro e tondo che non dovrebbe più giocare e che se fosse ancora presidente del Padova non l’avrebbe più fatto scendere in campo.
Al contrario, il Calcio Padova che è in vetta al girone A di serie C, non solo non ha preso alcun provvedimento disciplinare, ma l’ha mandato sul terreno di gioco col sostegno della tifoseria che è dalla sua parte. Il calciatore di quasi 26 anni, tra l’altro è stato decisivo il 6 ottobre nel derby d’alta quota col Vicenza vinto per 1-0 grazie al suo gol. La società dopo essersi consultata con i propri legali si è attenuta al provvedimento del 19 gennaio scorso del Collegio di Garanzia del Coni proprio sul caso Portanova, che ha respinto “la richiesta radiazione o in subordine cinque anni di squalifica rinviando la causa alla Corte d’Appello della Figc, che il 13 marzo ha sospeso il giudizio sul giocatore sino alla formazione del giudicato in sede penale”. “Io sono garantista – spiega ai cronisti il sindaco Giordani, rieletto nel 2022 come civico in una coalizione di centrosinistra a trazione Pd – ma bisogna sempre, ribadisco sempre e in ogni caso stare dalla parte delle donne che trovano il coraggio di denunciare una violenza e le vittime di questa vicenda hanno tutta la mia vicinanza”.
È la stessa linea dell’assessora allo Sport, Cristina Piva, che attacca a palle incatenate il Calcio Padova, presieduto da Francesco Peghin, che è anche il capo dell’opposizione di centrodestra in Comune, e questo potrebbe spiegare una parte del tutto. “È una vergogna che ha già provocato e non smetterà di causare gravi danni d’immagine al club, alla città e ai suoi tifosi”, tuona l’assessora Piva. Dunque, le vicende sportive si intrecciano inevitabilmente con quelle politiche e amministrative in una città di oltre 300 mila abitanti, cuore pulsante economico e culturale del Veneto. “Io parto dalla Costituzione e dalla presunzione d’innocenza – analizza un osservatore esterno come Sergio Gasparin, apprezzato dirigente sportivo di numerosi club di serie A (dal Vicenza al Venezia per rimanere solo in Veneto) – e siccome un cittadino è innocente fino al giudicato penale, rispetto la Carta degli italiani e il ragazzo lo tengo in rosa e lo faccio giocare. Faccio presente che se negli altri gradi di giudizio venisse assolto, la società qualora si comportasse diversamente rischierebbe di dovere affrontare magari una onerosa causa civile e di conseguenza mettendolo fuori rosa non farebbe il proprio interesse. Io non entro nel merito politico ed etico, mi colloco sul piano giuridico, che come manager sportivo ho il dovere di rispettare poiché tutelo il bene società”. La discussione diventa ancora più calda perché proprio ieri si è appreso che un altro giocatore del Padova, il Carmine Cretella, è stato rinviato a giudizio a Messina per una presunta violenza sessuale risalente al 2020. L’indagine è stata avviata dopo la denuncia del padre della ipotetica vittima, che aveva 14 anni. Sul caso Liguori il Padova ha emesso una nota in cui “non esprimerà alcun tipo di valutazione in merito alla vicenda fintantoché la giustizia non si sarà espressa con una sentenza definitiva”.
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