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Da eroe di guerra a guerriero della vita: Carlo Calcagni racconta la sua lotta contro l’uranio impoverito

di Anna Germoni -


Carlo Calcagni, un nome che evoca forza, coraggio, resilienza e (r)esistenza. Un uomo, un soldato, che, dopo aver rischiato la vita per salvare vite altrui, si è trovato a combattere una battaglia ancora più dura, quella contro una malattia invisibile: l’uranio impoverito. La sua storia è un esempio di come la volontà umana possa superare ogni ostacolo, trasformando la sofferenza in forza e la debolezza in straordinaria determinazione. In questa intervista, i suoi valori: dignità, altruismo, sacrificio e speranza, il cui motto è quello di “mai arrendersi”.

La lotta all’uranio impoverito a quando risale?
È iniziata il 28 settembre 2002, con un intervento chirurgico al fegato, il primo di una lunghissima serie, a causa della massiccia contaminazione da metalli pesanti ed altamente tossici che hanno invaso le mie cellule e persino il mio DNA, durante la missione internazionale di pace della Nato, in Bosnia-Herzegovina nel 1996. I primi sintomi erano subdoli, quasi impercettibili, ma col passare del tempo si sono manifestati in tutta la loro gravità ed aggressività, stravolgendo completamente la mia vita: gravi patologie multiorgano, tra cui cardiopatia, fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria, insufficienza ipofisaria, linfo-mielodisplasia con necessità di trapianto allogenico, polineuropatia cronica, degenerativa e irreversibile, con sclerosi e Parkinson e la ‘terribile’ Sensibilità Chimica Multipla (MSC). La malattia mi ha distrutto, ma non mi ha sconfitto perché io non mi sono arreso e non mi sono fatto condizionare, mai, dalle terribili cartelle cliniche, simili a bollettini di guerra. Sono l’uomo che ogni mattina si guarda allo specchio e cerca la forza per non arrendersi, mai. Nonostante tutto, sono consapevole dei punti di forza e di debolezza e proprio per questo cerco di valorizzare al meglio le mie capacità e di metterle al servizio degli altri. Sento il bisogno di restituire alla società ciò che ho ricevuto, di lasciare un segno positivo nel mondo e di contribuire al bene comune.

Ha il 100% d’invalidità permanente. È vittima del Dovere. Qual è la sua forza?
Il riconoscimento dello status di Vittima del Dovere, l’iscrizione nel Ruolo d’Onore, il conferimento dei distintivi d’onore di Ferito e di Mutilato in attività operativa, insieme al richiamo in servizio, su mia domanda, sono stati un passo molto importante, ma tutto questo non risolve i problemi di salute, non attenua il costante dolore, né può eliminare le terapie necessarie a sopravvivere che affronto quotidianamente. La mia forza? Viene dalla consapevolezza che la vita è un dono meraviglioso e prezioso che abbiamo ricevuto, gratuitamente, alla nascita e che ogni nuova alba è un’opportunità per lottare. Ma per vivere, nel vero senso della parola, è necessario rendere speciale ogni istante della nostra esistenza con le azioni personali. Dobbiamo vivere nel presente, agendo e creando: è questo il modo migliore per rendere speciale ogni istante. E quando a questo si aggiunge l’affetto delle persone che ti sono vicine, la vita diventa un viaggio meraviglioso. Io sono circondato dall’affetto dei miei cari e dalla solidarietà di tante persone che mi sostengono. Ogni azione, grande o piccola che sia, ha il potere di trasformare non solo te stesso, ma anche il mondo intorno a te.

Nei momenti drammatici a chi o a cosa si aggrappa per non mollare?
Alla mia fede, alla mia famiglia e allo sport. Sono loro la mia ancora di salvezza. La fede mi dà la forza di affrontare l’ignoto, la mia famiglia mi riempie d’amore e lo sport mi permette di sfogare le mie energie e di mantenere un contatto con la realtà. I miei figli sono un dono inestimabile ed una fonte di forza incredibile. La loro presenza nella mia vita è una motivazione straordinaria per andare avanti, per affrontare le sfide e per inseguire i miei sogni. È bellissimo vedere come un legame così profondo possa essere una fonte di ispirazione e di coraggio. Loro mi permettono di superare qualsiasi ostacolo. I miei figli sono il mio motivo per sorridere ogni giorno.

Off-record ha detto: “Mi hanno strappato la divisa di dosso”. Può spiegare meglio?
A causa della pandemia e delle mie condizioni di salute, per tutelare un lavoratore fragile, il ministero della Difesa ha revocato il mio richiamo in servizio. Sentirmi privato della divisa è stato come strapparmi via un pezzo dell’anima. L’uniforme rappresenta la mia identità, la mia appartenenza ad una comunità, alla grande “famiglia della Difesa”. È stato un duro colpo, psicologicamente terribile, ma nemmeno questo è riuscito a fermarmi. Sento che posso fare ancora tanto, mettendo a disposizione la mia professionalità, le mie capacità e le mie competenze. Per questo spero, con tutto me stesso, di poter tornare in servizio, quanto prima. La mia passione per lo sport ed il mio profondo senso del dovere mi spingono a dare il massimo in entrambe le sfere, quella militare e quella sportiva. In qualità di veterano e membro del Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa, sono orgoglioso di rappresentare il mio Paese sia sui campi di gara sia nelle attività militari.

Che idea ha della vita?
Un dono prezioso, ma anche una sfida continua. Ho imparato ad apprezzare ogni istante, anche i più difficili, perché mi permettono di crescere e di diventare una persona migliore. La resilienza è la chiave per superare gli ostacoli e trovare un nuovo significato nella vita.

E della morte?
Non ho paura di morire, ma ho il desiderio di vivere al massimo ogni giorno. Voglio lasciare un segno nel mondo, una traccia indelebile della mia vita terrena, aiutare gli altri ed ispirare le nuove generazioni.

Lo sport?
È la mia terapia, la mia passione, la mia ragione di vivere. Mi permette di sfidare i miei limiti, persino la malattia, di sentirmi vivo e di dare un esempio a tutti coloro che affrontano difficoltà. La costanza, la determinazione, la perseveranza, il carattere, mi hanno permesso di vincere, solo quest’anno, 18 medaglie d’oro, in campionati nazionali e mondiali, ma le posso assicurare che non è importante vincere, ma mettercela tutta, dare il massimo, sempre e comunque. Si può vincere anche senza salire sul podio: non perdo, mai, o vinco o imparo. Il vero valore di un campione va ben oltre le vittorie. La stima delle persone e l’impegno sociale sono infatti elementi fondamentali che contribuiscono a definire la grandezza di un atleta.

Cosa pensa del sostantivo maschile “disabile”?
Preferisco definirmi un Atleta, con la A maiuscola, un uomo che ha deciso di non arrendersi e mai lo farà, ogni giorno, con l’obiettivo di fare meglio di ieri.

Ha mille idee di sostegno e altruismo verso i più deboli. Può svelare quelle future?
Ho in mente molti progetti, tra cui la creazione di un centro di riabilitazione specializzato per le vittime di esposizione a sostanze tossiche ed il sostegno, concreto e tangibile, ad iniziative sportive per persone con disabilità. Mi impegno ogni giorno per dimostrare, con l’esempio, che si può vivere bene anche con una grave polineuropatia cronica, degenerativa ed irreversibile, con sclerosi e Parkinson, che ogni giorno mi rende sempre più fragile e vulnerabile. Voglio usare la mia esperienza per aiutare gli altri a superare le loro paure e difficoltà. Continuerò ad essere al fianco della scienza, sempre pronto e disponibile per la ricerca e la sperimentazione. Continuerò a portare la mia testimonianza, gratuitamente, nelle scuole. Ho avuto il privilegio di condividere la mia storia con migliaia di studenti, dalla scuola dell’infanzia alle università, in Italia ed all’estero. Esiste un protocollo d’intesa tra il ministero della Difesa ed Aido-Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule, di cui sono testimonial, e vorrei contribuire a sensibilizzare tutto il mondo militare su un tema così delicato e fondamentale. Donare gli organi è un gesto d’amore che può salvare una vita. Sono sicuro che, insieme alla Difesa, si possa favorire una campagna di comunicazione efficace e coinvolgente per promuovere la donazione di organi.

Come si definirebbe in tre parole?
Determinato, tenace, sognatore.


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