Da Chiara Petrolini a Cogne, il circo mediatico e le indagini-show
Se i magistrati si trincerano dietro il massimo riserbo per evitare il circo mediatico e poi diventano protagonisti di quello stesso circo a caso risolto. Il riferimento è all’inchiesta su Chiara Petrolini, la ragazza di Traversetolo, in provincia di Parma, che ha confessato il crimine più terribile per una madre, ovvero quello di essersi sbarazzata dei due neonati venuti al mondo al termine delle due gravidanze che la giovane aveva nascosto a tutti. Gli investigatori, allertati da quel corpicino trovato sotterrato nel giardino di casa Petrolini dalla nonna, hanno, in poco tempo, rinvenuto anche il secondo neonato e, durante l’interrogatorio, sono riusciti a far crollare Chiara davanti alle sue responsabilità. Un giallo risolto in poche settimane, durante le quali il circo mediatico ha fatto il suo corso, con tv appostate davanti alla casa, giornalisti a caccia di testimonianze nel paese e talk show in cui parlano tutti, dal politico allo psicologo, passando per gli esperti del caso.
Nulla di cui stupirsi, visto che la prassi è consolidata da decenni, alimentata dall’interesse morboso del pubblico che ha sempre seguito, con bulimia e sgomento, i casi più terribili della cronaca italiana. Dal delitto di Cogne, con le lacrime di Anna Maria Franzoni date in pasto in prima serata, alla scomparsa di Sarah Scazzi, in un’Avetrana diventata un set televisivo nei 42 giorni di depistaggi messi in atto dalla famiglia Misseri prima che zio Michele portasse i carabinieri nel pozzo dove aveva gettato il corpo della nipote. Un circo mediatico in cui vale tutto, pure i plastici di Bruno Vespa, perché è quello che la gente vuole e si aspetta dal mondo dell’informazione, che lo fa di mestiere.
Un po’ meno enfasi ci si aspetta, invece, dagli investigatori, da coloro che portano avanti le indagini per creare un impianto accusatorio da presentare a un giudice, al fine di dimostrare la fondatezza degli elementi di colpevolezza nei confronti di un indagato. Per il quale esiste il principio garantito dall’articolo 48 della Costituzione, che sancisce la presunzione d’innocenza e i diritti della difesa. Diritti che vanno garantiti anche di fronte a un reo confesso, fino a quando la colpevolezza dell’assassino non è stata dimostrata in maniera definitiva nel terzo grado di giudizio. Perché è facile ridurre un caso alla sola fase omicidiaria, quando la responsabilità sembra accertata. Che se così fosse gli italiani potrebbero risparmiarsi di spendere migliaia di euro per imbastire i processi. E invece quei soldi sono necessari, perché in un dibattimento fin troppe cose possono venire alla luce e un assassino potrebbe perfino essere assolto, sulla base di una incapacità di intendere e di volere al momento de le indagini–show
el fatto. Da qui l’inopportunità di magistrati e inquirenti a prestare il fianco a quel circo mediatico che chiacchiera, quando di fatto dovrebbero tenere la barra dritta sulle circostanze investigative e i principi giuridici
È per questo che le parole pronunciate dal procuratore di Parma, Alfonso D’Avino, stonano con l’immagine settica che la Procura dovrebbe tenere nella fase delle indagini. “Siamo di fronte a un fatto drammatico che suscita veramente sgomento per due bambini che non hanno potuto vedere il mondo dopo aver visto la luce”, ha detto il procuratore. “Sgomento per la famiglia della ragazza che si trova ad affrontare una situazione nella quale mai pensava di trovarsi. Per un giovane, fidanzato della ragazza, che suo malgrado si è trovato a dover rinunciare per ben due volte alla paternità senza sapere nulla. E sgomento anche per la ragazza perché, al di là delle responsabilità penali che verranno accertate, pare una ragazza difficilmente decifrabile e da oggi dovrà prendere coscienza di ciò che è stato e che sarà”, ha dichiarato. Parole che avremmo potuto ascoltare in tv da un qualsiasi direttore di giornale o da un criminologo di grido, ma che poco hanno a che vedere con le indagini. Che dovrebbero invece rispondere alla domanda che oggi si fanno tutti: ma è possibile che Chiara Petrolini abbia fatto tutto da sola?
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