Con le culle vuote in Europa non c’è piano Draghi che regga
Le culle con lo smartphone arrivano in terapia intensiva al Fatebenefratelli di Roma. 8 marzo 2018. ANSA/FATEBENEFRATELLI
Inutile girarci intorno: se le culle in Europa restano vuote, non ci sarà piano Draghi (ammesso e non concesso che funzioni e che, soprattutto, venga effettivamente concretizzato) capace di resuscitare l’Ue. La denatalità non è un problema solo italiano. Semmai, come riferisce il Financial Times, nel nostro Paese (così come in Spagna) gli effetti dell’inverno demografico appaiono più vistosi. Ma questo è un dramma continentale. Già, perché, sempre stando al confronto pubblicato dal quotidiano britannico, tra i Paesi membri dell’Ue se ne salvano davvero pochi. O, forse, se ne salvano (davvero) soltanto due. Agli antipodi. C’è la Francia che ormai da qualche decennio investe in politiche attive a sostegno della famiglia. E poi c’è l’Ungheria di Orbàn dove, nel giro di qualche anno, e grazie a investimenti statali pari a quasi il 5% dell’intero prodotto interno nazionale, il tasso di natalità è passato da 1,23 figli a donna, a 1,51. Cifre, queste ultime, che appaiono superiori alla media Ue che si è stabilizzata, nel 2022, sull’1,46 figli per donna e che risultano in calo rispetto agli anni precedenti quando il tasso si era stabilizzato intorno all’1,53 (2021) e all’1,51 (2020). Per l’Italia la situazione è drammaticamente imbarazzante. I dati Openpolis parlano fin troppo chiaro: nel biennio 2020-21 si sono registrate solo 6,8 nascite ogni mille abitanti a fronte delle 9,1 nascite che costituiscono la media Ue. Numeri confermati da quelli registratisi nel 2022: 8,7 nascite ogni mille abitanti in Ue, in Italia solo 6,7. Drammaticamente ultimi per nascite in un continente che di metter su famiglia (e magari la testa a posto, ma questa è un’altra storia) proprio non sembra volerne più sapere.
Occorre una sterzata decisa. Perché, come ha spiegato il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti all’Ecofin tenutosi a Budapest nei giorni scorsi, “il fattore demografico ha implicazioni su moltissimi aspetti comprese produttività e crescita: quando parliamo della competitività del sistema europeo inevitabilmente dobbiamo anche ricordare che le corti giovani sono più produttive e tendono a essere più ricettive delle trasformazioni dei cambiamenti”. Per queste ragioni, dopo aver proposto al governo italiano di inserire in manovra detrazioni e aiuti “per chi fa più figli” (una proposta che, in termini economici non costerebbe nemmeno troppo: 5 o 6 miliardi), Giorgetti ha chiamato la (nuova) Commissione Ue a prendere coscienza che l’Europa si sta spopolando: “È importante che l’emergenza demografica diventi argomento nell’agenda europea. Come Italia sosteniamo questa iniziativa. L’auspicio è che il dibattito non si esaurisca con la denuncia di una condizione comune a molti paesi, compresa l’Italia, ma diventi oggetto di riflessioni e proposte della commissione”. Quindi, ha deplorato l’inattività (finora) degli organismi europei sul fronte caldissimo delle culle vuote in Europa: “Prudentemente la commissione in questi anni non si è mai occupata di dare raccomandazioni su un tema ritenuto delicato, ma è anche vero che il Piano nazionale di ripresa e resilienza affronta diversi aspetti non secondari, come la necessità di implementare gli asili nido per rendere possibile la coesistenza della maternità con la partecipazione al lavoro”. Insomma, prima ancora di studiare come rimettere in sesto un’economia sull’orlo del collasso, l’Europa deve affrontare il suo dramma esistenziale: le culle vuote. E l’Italia, ultima in Ue per nuove nascite, dovrà farlo ancora meglio degli altri.
Torna alle notizie in home