La multinazionale belga Solvay ritorna sotto i riflettori per la produzione di Pfas ad Alessandria. La trasmissione di Rai3, “Presadiretta”, condotta da Riccardo Iacona, il 18 marzo è tornata sulle sostanze chimiche utilizzate in molti ambiti – dai tessuti antimacchia alle pentole, dai tappeti ai pellami – che sono ritenute “eterne”. Le analisi compiute dal Cnr a partire dal 2013 e dall’Arpav del Veneto hanno stabilito che i Pfas-Pfoa avrebbero avvelenato un pezzo di Veneto. Di questo devono rispondere i manager che si sono succeduti alla guida dell’azienda vicentina Miteni, per quello che è considerato il più grave inquinamento da Pfas fin qui accertato in Europa. La Solvay in Piemonte ripete di osservare le norme, ma le preoccupazioni per quello che è successo in Veneto, per chi abita nelle vicinanze dell’impianto di Spinetta Marengo non sono poche, tanto che c’è chi ha scelto di trasferirsi.
Quanto all’inquinamento tuttora in atto alla Miteni, come avrebbero accertato le indagini ambientali depositate in tribunale, gli ex dirigenti sono a giudizio davanti alla Corte d’Assise di Vicenza. Il processo, primo in Italia, è iniziato nel 2021 e di recente hanno testimoniato gli scienziati del Cnr, Sara Valsecchi e Stefano Polesello, che campionarono le acque nel 2012-2013 quando emerse l’emergenza dei Pfas. La bomba ambientale ad orologeria coinvolgerebbe almeno 350 mila persone, che avrebbero bevuto per anni acqua inquinata nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Sono residenti in 30 Comuni suddivisi in zona rossa e arancio a seconda della gravita della contaminazione. I 15 imputati si difendono a vario titolo dalle accuse di avvelenamento di acque, disastro e inquinamento ambientale, oltre ai reati fallimentari per il crac della Miteni di Trissino nel 2018. I dirigenti della Mitsubishi Corporation, della lussemburghese Icig e della Miteni, cioè i responsabili che si succedettero nella gestione ai passaggi di proprietà, sono i giapponesi Kenji Ito, Naoyuki Kimura, Yuji Suetsune e Maki Hosoda; quindi Patrick Fritz Hendrik Schnitzer, Akim Georg Hannes Riemann, Aleksander Nicolaas Smit e Brian Antony Mc Glynn; ancora, Luigi Guarracino di Alessandria, Mario Fabris di Padova, Davide Drusian di Treviso, Mauro Colognato di Dolo e Mario Mistrorigo di Arzignano.
Contro i Pfas ha lanciato la sua crociata anche il Vescovo di Vicenza, Giuliano Brugnotto (nella foto), che chiede l’intervento del legislatore per vietarli per legge: “Vi prego, fatelo, a tutela delle persone e dell’ambiente”. Ed a proposito di disastri ambientali c’è anche il caso di Brescia, dove gli ex amministratori della Caffaro, Alessandro Quadrelli e Alessandro Francesconi, con l’industriale della chimica di base Antonio Todisco, sono a giudizio per disastro ambientale ed altre presunte gravi irregolarità. Il processo inizierà in aprile. Intanto, nel 2016 Todisco con Gestioni Industriali Group aveva rilevato da Solvay l’impianto del cloro-soda a Bussi sul Tirino nel Pescarese. Dal 2019 c’è stata la sospensione della produzione nella fabbrica di Brescia perché, scrive il gip Alessandra Sabatucci nell’ordinanza del 3 febbraio 2021, a pag. 59, “si pensi ancora alla volontà di chiudere definitivamente la produzione presso lo stabilimento di Brescia («ripartiamo per svuotare», disse Todisco in una intercettazione)”, tradottasi in una delocalizzazione. È Todisco, scrive il gip, “il regista operativo dell’attività dell’impianto bresciano e del trasferimento dell’intera attività a Pescara per allontanarsi dalle problematiche ambientali e mantenere la continuità aziendale. Basti richiamare la conversazione tra Todisco e Greco avente ad oggetto l’apertura dello stabilimento di Bussi e la contestuale chiusura di Brescia”. Insomma, “Caffaro Brescia in persona del suo proprietario Todisco e dei suoi esponenti apicali Quadrelli e Francesconi – sottolinea il gip – scegliendo di condurre la propria attività produttiva a Brescia ha scientemente e volontariamente assunto la gestione di un complesso aziendale già gravemente compromesso, assumendosi nel contempo l’impegno di contenere e non aggravare il disastro”.