Economia

Se la montagna Cop28 partorirà il topolino nel 2050

di Giovanni Vasso -


Un fiume di retorica non sommerge le polemiche: la “storica” Cop28 di Dubai è finalmente finita. Con una degna conclusione, a dir poco pirotecnica: l’impegno globale di tutte le nazioni ad avviarsi a rinunciare al fossile. Prima o poi. E con le modalità che verranno di volta in volta individuate. Se proprio sarà necessario. Ma senza fretta. Con comodo.
Il gran cerimoniere di quest’edizione, il sultano Ahmed al Jaber, professione petroliere, ha annunciato con commozione il successo di un accordo salutato dal battimani entusiastico dei delegati dei 198 Paesi riunitisi alla Conferenza globale sul clima indetta dall’Onu. “Grazie – ha detto alla platea il Ceo di Masdar, uno dei più grandi colossi petroliferi del globo terracqueo -, abbiamo percorso insieme una lunga strada in breve lasso di tempo, abbiamo lavorato molto duramente per garantire un futuro migliore alla nostra gente e al pianeta”. Quale? “Abbiamo presentato un solido piano d’azione per mantenere la soglia del grado e mezzo a portata di mano, un piano equilibrato che affronta le emissioni”. Ecco la parola chiave, quella vera: equilibrio. Un colpo al cerchio dell’ambientalismo e un altro alla botte del pragmatismo e degli affari. Da un lato, il Global Stocktake impone al mondo di allontanarsi dalle fonti fossili; dall’altro riconosce la necessità di farlo “gradualmente”. Si è confermato il termine del 2050 per il net zero, ma si “elimina” soltanto il carbone. Cosa che, per inciso, all’India, neo alleata Ue e Usa contro la Cina, non avrà fatto chissà che piacere. Il mondo viene invitato a triplicare la capacitò di energia rinnovabile a livello globale, raddoppiando la media globale del tasso annuo di efficienza energetica. E dovrà farlo entro il 2030. Ci sarà un po’ di tempo in più, “intorno alla metà del secolo” per “accelerare gli sforzi a livello globale verso sistemi energetici a zero emissioni nette”. Un obiettivo che il documento impone sia raggiunto “ben prima o interno alla metà del secolo”. Che è come dire: ci vediamo nel 2050 o giù di lì. All’Unione europea, che solo martedì aveva lasciato trasparire insofferenza per le bozze che si preparavano in vista della conclusione della Conferenza, il “nuovo” accordo piacicchia. Ursula von der Leyen afferma che si tratta di “una buona notizia per il mondo intero” il fatto che “ora disponiamo di un accordo multilaterale per accelerare la riduzione delle emissioni verso lo zero netto entro il 2050, con azioni urgenti in questo decennio critico”. E ancora: “Ciò include un accordo di tutte le parti per abbandonare i combustibili fossili. Abbiamo concordato di ridurre le emissioni globali del 43% entro il 2030, in linea con la migliore scienza disponibile, per mantenere la temperatura di 1,5 gradi Celsius a portata di mano. Ciò ci manterrà in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e accelererà la transizione verso un’economia più pulita e più sana”. Ursula, che ha già imbrigliato bene e meglio l’Ue con una ventina tra regolamenti e direttive che oltre alle famiglie stanno adesso causando più di un grattacapo alle imprese, sta ben attenta a non pronunciare la parola che, insieme ai “combustibili fossili” è entrata nel documento e lo ha fatto in chiave salvifica: energia nucleare. La strada è già stata tracciata all’inizio della Cop28. Quando l’inviato Usa per il clima, l’inossidabile John Kerry, ha spiegato che si deve puntare con decisione sull’atomo. E lo ha fatto non tanto perché abbia a cuore le sorti del pianeta ma per individuare una strada che possa svincolare l’Occidente dalla primazia cinese sulle terre rare e sulle tecnologie verdi. Aspettare qualche anno, poi, non farà male nemmeno agli sceicchi del Medio Oriente. Ormai l’hanno capito che si lavora per svincolarsi dal petrolio e per ridimensionare, dunque, la volontà di potenza delle nazioni emergenti dell’area, Arabia Saudita su tutte. Perciò hanno messo in campo le loro strategie per riconvertire il business energetico nel green. Riyadh, con Vision 2030, ha già iniziato. Gli Emirati di al Jaber, invece, rilanciano con i maxi investimenti da trenta miliardi di dollari del fondo Alterra. Si parla di futuro ma la risposta migliore, più cogente, al dibattito della Cop28 è arrivata ieri. Con Il presidente Lula di ufficializzare l’iscrizione del Brasile al circolo dell’Opec+. “Servirà a prepararsi alla fine dell’industria del fossile”. Un po’ come questa Cop28.


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