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Autonomia, le ragioni dello stop della Consulta al trasferimento di funzioni alle Regioni

di Giovanni Vasso -


Istruzione, trasporti e politiche sull’energia non possono essere trasferite alle Regioni: ecco perché la Consulta ha bocciato, il 14 novembre scorso, quella “parte” del progetto di riforma legata all’autonomia differenziata che prevedeva il trasferimento di numerose materie proprio agli enti regionali. Ieri sono state pubblicate le motivazioni di quella sentenza che ha inchiodato le ambizioni dei governatori alle “colonne d’Ercole” che non possono essere valicate. In punta di diritto, c’è la clausola di flessibilità imposta del dettato del terzo comma dell’articolo 116 della Carta, ma si tratta di una previsione di legge per cui l’eventuale trasferimento di funzioni sarebbe una sorta di extrema ratio, che dovrebbe essere motivata da criteri di deroga urgente e, quindi, da un certo diritto dell’emergenzialità. Che, però, a sua volta, dovrebbe trovare conforto nell’analisi dei contesti, da quello sociale fino a quello amministrativo, passando per le condizioni economiche di un territorio. Per dirla breve: le Regioni non possono mettere becco là dove decidono gli altri, sennò ogni atto prodotto sarà considerato incostituzionale. Non potranno, dunque, né devono legiferare in materia di politiche commerciali comuni, perché lì già ci sono i regolamenti comunitari. Così come non potranno farlo in materia di ambiente ed energia, trasporti e produzione. Sull’istruzione, poi, la Corte Costituzionale rivendica che le leggi a proposito di scuole e università devono avere “valenza generale e unitaria”. E se qualche governatore osasse varcarle, quelle Colonne d’Ercole, la Consulta sarebbe legittimata a intervenire subito: “Con riguardo a tali funzioni, l’onere di giustificare la devoluzione alla luce del principio di sussidiarietà diventa, perciò, particolarmente gravoso e complesso. Pertanto, le leggi di differenziazione che contemplassero funzioni concernenti le suddette materie potranno essere sottoposte ad uno scrutinio stretto di legittimità costituzionale”. La notizia ha suscitato reazioni avverse a seconda degli schieramenti. Gli avversari della riforma, dai partiti di opposizione fino ai sindacati come la Cgil, rivendicano il successo e rilanciano la sfida “fino all’abolizione finale”. Dall’altra parte della barricata, invece, c’è chi spiega, come il senatore Udc Antonio De Poli, che dai giudici della Consulta, a proposito della legge sull’autonomia, è arrivato “uno stimolo al legislatore” mentre la senatrice leghista Erika Stefani all’Adn Kronos spiega che non s’è trattato altro che della “conferma di principi sacrosanti che vengono giustamente ribaditi con riferimento alle necessità dell’efficienza dell’azione, nel momento in cui vengono riconosciuto gli spazi per l’autonomia”.


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