La Commissione Covid 19 cerchi la verità oltre “tachipirina e vigile attesa”
Leggo che il Presidente della Commissione Bicamerale di Inchiesta sull’emergenza Covid 19, Marco Lisei, insiste nel dire che la Circolare Ministeriale del 30 novembre 2020 del Ministero della Salute aveva come unica indicazione per la gestione clinica della malattia la “Tachipirina e Vigile Attesa”.
Per la verità tale circolare, esclusivamente per i casi definiti “lievi” da trattare a domicilio, oltre alla “vigile attesa” ed ai “trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo)”, elencava altri dieci punti che è opportuno ricordare. Al primo la misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria; poi appropriate idratazione e nutrizione; non modificare terapie croniche in atto per altre patologie (per esempio terapie antiipertensive, ipolipemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni precedenti. E ancora prevedeva che i soggetti in trattamento immunosoppressivo o cronico in ragione di un precedente trapianto di organo solido piuttosto che per malattie a patogenesi immunomediata, avrebbero potuto proseguire il trattamento farmacologico in corso a meno di diversa indicazione da parte dello specialista curante; il non utilizzo routinario di corticosteroidi il cui uso veniva raccomandato nei soggetti con malattia Covid 19 grave che necessitavano di supplementazione di ossigeno. L’impiego di tali farmaci a domicilio avrebbe potuto essere considerato solo in quei pazienti il cui quadro clinico non sarebbe migliorato entro le 72 ore, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che avrebbe richiesto l’ossigenoterapia. E ancora: non utilizzare eparina, il cui uso restava indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’ infezione in atto e non usare antibiotici, eventualmente riservati solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore e ogni qualvolta in cui il quadro clinico avrebbe posto il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica, o, infine, quando l’infezione batterica veniva dimostrata da un esame microbiologico. Infine il non utilizzo della idrossiclorochina la cui efficacia non era stata confermata in nessuno degli studi clinici controllati fino ad allora e a ora condotti e il no alla somministrazione di farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ ambiente.
Quello che purtroppo è accaduto nel 2020 è stato che il Sindacato Medici Italiani (lo Smi) sostenne che i medici di famiglia non erano tenuti a visitare i malati di Covid a domicilio, decisione avallata a suo tempo dal Tar del Lazio ma poi sconfessata dal Consiglio di Stato che ha chiarito con la sentenza del dicembre 2020 che c’era l’ obbligo dei medici di visitare a domicilio i pazienti.
Mentre pertanto alcuni medici di famiglia in scienza e coscienza visitavano i malati a domicilio, purtroppo tanti loro colleghi si sono rifiutati di farlo, aggravando la situazione dell’epidemia e portando al collasso la rete ospedaliera.
Non c’è dubbio che nel 2020 e nel 2021, come è accaduto in tutto il mondo, siano stati commessi errori nell’ affrontare la fase iniziale della pandemia, emersi con il “senno di poi” ma certamente comprensibili mentre appariva un nemico sconosciuto uscito da un laboratorio cinese.
La Commissione d’ Inchiesta Covid 19 può svolgere pertanto un ruolo di grande importanza se metterà a fuoco questi errori non per cercare improbabili colpevoli ma per organizzare per il futuro un sistema sanitario che possa affrontare con più efficacia eventuali future epidemie.
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