Come uscire dalla crisi dell’energia
“Mai sprecare una crisi. E’ un’opportunità per fare cose che prima non pensavamo di poter fare”. La frase di Rahm Emanuel, ex sindaco di Chicago e capo di gabinetto di Barack Obama, apre il libro di Nicola Armaroli edito da Dedalo. Un mondo in crisi. Gas, nucleare, rinnovabili, clima: è ora di cambiare, il suo titolo completo. La prefazione è di Enrico Giovannini, che di questo Paese è stato recente ministro: “C’è ancora tanta strada da fare – scrive – cambiando il nostro paradigma di sviluppo”.
Armaroli è uno dei più noti chimici italiani, dirigente di ricerca del Cnr, guida della prestigiosa rivista Sapere, antesignana di tante pubblicazioni che negli anni si sono occupate di scienza e ambiente, che conta la sua fondazione nel 1935. Cinquantuno, gli editoriali scritti per Sapere e raccolti nel volume. Qualcuno, scherzando, lo definisce ossessionato dall’energia, quella che muove tutto il pianeta e che è anche “potentissimo strumento di ricatto economico e geopolitico”.
Dalla pandemia del 2020 alla guerra in Ucraina che da più di un anno ha trasformato l’Europa, le sue aspettative e le sue policy – questa la tesi del libro -, il mondo sta attraversando una crisi strutturale, alimentata da un sistema energetico ormai insostenibile, quello che ha dimostrato di essere carente e insufficiente anche qui, a oltre 2mila chilometri dalla terra invasa dalla Russia.
La Terra, scrive, dovrebbe toccare 10 miliardi entro il 2055. Dall’11 settembre 2001, “si sono susseguite crisi di ogni tipo, con un’intensità che la nostra generazione non aveva mai conosciuto, fino alla guerra in Ucraina”. “Senza dimenticare – aggiunge – una crisi strutturale in diversi Paesi democratici, che hanno visto un preoccupante aumento delle disuguaglianze economiche e sociali, assieme a un calo della partecipazione al voto e all’emergere di inquietanti pulsioni politiche”. E allora “siamo in una crisi di sistema: variegata, profonda, diffusa”.
Poi, un’amara verità: “L’Italia è l’unico Paese del G7 e dell’Unione Europea nel quale il gas è oggi la principale fonte di energia primaria: maggiore del petrolio, anche se di poco”. Quindi, riflette, è utile che l’Italia spinga per una strategia fondata sui gasdotti, quando poi tra 20 anni dovremmo aver praticamente smesso di bruciare gas? Un’era che volge al tramonto, quella del gas. E invece, idrogeno e nucleare? Armaroli le definisce soluzioni buone solo sulla carta. La prima, anche contraddittoria con i principi della transizione energetica, se si pensa di dedicare alla sua produzione la nostra capacità elettrica.
Armaroli è uno dei più noti chimici italiani, dirigente di ricerca del Cnr, guida della prestigiosa rivista Sapere, antesignana di tante pubblicazioni che negli anni si sono occupate di scienza e ambiente, che conta la sua fondazione nel 1935. Cinquantuno, gli editoriali scritti per Sapere e raccolti nel volume. Qualcuno, scherzando, lo definisce ossessionato dall’energia, quella che muove tutto il pianeta e che è anche “potentissimo strumento di ricatto economico e geopolitico”.
Dalla pandemia del 2020 alla guerra in Ucraina che da più di un anno ha trasformato l’Europa, le sue aspettative e le sue policy – questa la tesi del libro -, il mondo sta attraversando una crisi strutturale, alimentata da un sistema energetico ormai insostenibile, quello che ha dimostrato di essere carente e insufficiente anche qui, a oltre 2mila chilometri dalla terra invasa dalla Russia.
La Terra, scrive, dovrebbe toccare 10 miliardi entro il 2055. Dall’11 settembre 2001, “si sono susseguite crisi di ogni tipo, con un’intensità che la nostra generazione non aveva mai conosciuto, fino alla guerra in Ucraina”. “Senza dimenticare – aggiunge – una crisi strutturale in diversi Paesi democratici, che hanno visto un preoccupante aumento delle disuguaglianze economiche e sociali, assieme a un calo della partecipazione al voto e all’emergere di inquietanti pulsioni politiche”. E allora “siamo in una crisi di sistema: variegata, profonda, diffusa”.
Poi, un’amara verità: “L’Italia è l’unico Paese del G7 e dell’Unione Europea nel quale il gas è oggi la principale fonte di energia primaria: maggiore del petrolio, anche se di poco”. Quindi, riflette, è utile che l’Italia spinga per una strategia fondata sui gasdotti, quando poi tra 20 anni dovremmo aver praticamente smesso di bruciare gas? Un’era che volge al tramonto, quella del gas. E invece, idrogeno e nucleare? Armaroli le definisce soluzioni buone solo sulla carta. La prima, anche contraddittoria con i principi della transizione energetica, se si pensa di dedicare alla sua produzione la nostra capacità elettrica.
Cosa fare? L’autore snocciola il possibile, già ora: pannelli fotovoltaici, generatori eolici, accumuli idraulici ed elettrochimici, pompe di calore, turbine idrauliche, geotermia ad alta e soprattutto bassa temperatura, elettrolizzatori, utilizzo razionale dei rifiuti e delle biomasse, reti digitalizzate intelligenti. L’unica possibile per garantire il futuro industriale dell’Europa e per uscire dalla crisi clima-energia.
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