GRAVI INDIZI DI REATO – Cogne, il caso (mediatico) mai dimenticato
Il delitto di Cogne è un caso di omicidio commesso da Annamaria Franzoni il 30 gennaio 2002 in una villetta di Montroz, frazione di Cogne, in Valle d’Aosta, ai danni del figlio di tre anni, Samuele Lorenzi.
Il 30 gennaio 2002, in una tranquilla mattina invernale, Cogne si sveglia sotto una coltre di neve, ma la calma della comunità è spezzata da un evento drammatico: Samuele Lorenzi, appena tre anni, viene trovato privo di vita nella sua cameretta, ucciso da una serie di colpi inferti con un oggetto contundente.
Annamaria Franzoni, la madre del bambino, è la prima a dare l’allarme. Al 118 descrive una scena straziante: il piccolo è esanime, c’è sangue sul letto, ma non riesce a spiegare cosa sia accaduto. La famiglia Lorenzi, rispettabile e benvoluta, non aveva mai dato segnali di tensione o problemi che potessero far presagire una tragedia simile. Le indagini partono immediatamente. La scena del crimine presenta anomalie che confondono gli investigatori: non ci sono segni evidenti di effrazione e l’arma del delitto non viene ritrovata. La posizione del corpo, le macchie di sangue e l’assenza di testimoni oculari alimentano dubbi e sospetti. In poco tempo l’attenzione si concentra su Annamaria Franzoni. Gli inquirenti analizzano il suo comportamento, che appare contraddittorio: è alternatamente disperata e confusa, ma alcune sue dichiarazioni sembrano incoerenti con i fatti emersi. Gli investigatori si chiedono come possa non aver sentito nulla, sebbene fosse in casa al momento del delitto. Nel settembre 2004, dopo un processo mediatico seguito da tutta Italia, Annamaria Franzoni viene condannata in primo grado a 30 anni di reclusione per l’omicidio del figlio. La sentenza si basa su una combinazione di indizi: le sue dichiarazioni, alcune tracce di sangue ritrovate sugli abiti e il quadro generale ricostruito dagli inquirenti. Il caso divide l’opinione pubblica: molti si schierano con la madre, sostenendone l’innocenza, mentre altri ritengono che le prove, sebbene circostanziali, siano sufficienti a dimostrarne la colpevolezza. La vicenda non si chiude qui. Nel 2007, la Corte d’Appello riduce la pena a 16 anni, considerando alcune attenuanti. Nel frattempo, il caso continua a essere al centro dell’attenzione mediatica, alimentato da interviste e programmi tv. Anna Maria Franzoni, dopo aver scontato parte della pena, ottiene, nel 2014, i domiciliari. Il dibattito attorno alla sua colpevolezza rimane vivo, simbolo di un’Italia profondamente divisa su un caso che ancora continua a suscitare interrogativi irrisolti.
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