Liberare l’energia: cento miliardi per una grande scommessa, quella di rilanciare l’industria europea puntando alla sostenibilità, ecco il Clean Industrial Deal. La commissione Ue ha presentato il piano che promette di dare una scossa alla produttività del vecchio continente puntando sul combinato disposto tra i fondi e gli investimenti Ue, maglie più larghe per gli aiuti di Stato, lotta alla burocrazia. E, soprattutto, l’obiettivo ambizioso di riportare l’Europa al centro degli equilibri geopolitici internazionali. “Questo non è solo un continente di innovazione ma anche di produzione industriale – ha affermato Ursula von der Leyen -. Tuttavia, la domanda di prodotti puliti ha rallentato e alcuni investimenti si sono spostati in altre regioni”. Che ha ammesso le colpe: “Sappiamo che troppi ostacoli si frappongono ancora alle nostre aziende europee, dagli alti prezzi dell’energia all’eccessivo onere normativo. Il Clean Industrial Deal è quello di tagliare i legami che ancora frenano le nostre aziende e di creare un chiaro business case per l’Europa”.
Il Clean Industrial Deal dovrebbe rappresentare una scommessa da oltre cento miliardi di euro. L’impalcatura economica del piano dovrebbe poggiarsi sull’istituzione di un’apposita banca per la decarbonizzazione che verrebbe finanziata grazie alle risorse del Fondo per l’innovazione, ai ricavi del sistema di scambio delle emissioni (Ets) e alla revisione del programma InvestEu. Che potrebbe mobilitare, fin da subito, qualcosa come 50 miliardi di euro. A cui andrebbero aggiunte le controgaranzie della Bei e i contratti tripartiti per l’energia accessibile. In vista della revisione della Direttiva Ets nel 2026, l’esecutivo Ue potrebbe già lanciare entro il 2025 un’asta pilota da un miliardo di euro per supportare processi industriali chiave in vari settori, promuovendo l’elettrificazione e la riduzione delle emissioni attraverso fondi esistenti, tra l’altro. Ma il tema centrale riguarda, appunto, l’energia. Entro giugno prossimo, difatti, la Commissione si impegna ad allentare le maglie della rigida disciplina sugli aiuti di Stato con l’obiettivo di semplificare e accelerare il sostegno alle rinnovabili, decarbonizzazione industriale e produzione di tecnologie pulite, a fronte della loro necessità. di disporre di regole più flessibili per sostenere efficacemente la riduzione delle emissioni. Il nuovo quadro, fanno sapere da Bruxelles, renderà più agevole l’erogazione di aiuti, mantenendo però parità di condizioni sul mercato interno.
Il tema, oltre alla decarbonizzazione, è quello dell’energia. Non è un caso se, proprio ieri, le solite “fonti” hanno lasciato trapelare quello che, sostanzialmente, è il segreto di Pulcinella ossia che l’Europa paga l’elettricità cinque volte il prezzo a cui si vende negli Stati Uniti. Va da sé che, con questo scenario, non si va lontano. Per questo dentro il piano c’è una scaletta per calmierare le bollette Ue: “Come componente chiave del Clean Industrial Deal, questo piano non solo porterà sollievo alle famiglie che devono affrontare bollette energetiche elevate, ma anche alle industrie che lottano con costi di produzione elevati, con risparmi complessivi stimati di 45 miliardi di euro nel 2025, che aumenteranno progressivamente fino a 130 miliardi di euro di risparmi annuali entro il 2030 e 260 miliardi di euro entro il 2040”. Si tratta di numeri giganteschi che restituiscono le dimensioni del salasso energetico a cui l’Europa è sottoposta negli ultimi anni. La strategia si basa sul piano RePowerEu, sull’accelerazione per l’energia pulita e le rinnovabili ma anche sugli investimenti nelle infrastrutture e “chiarezza” all’interno del mercato del gas, spingendo i Paesi membri a sfruttare al massimo i margini fiscali per ridurre gli oneri in bolletta e, dall’altro parte, incentivando le imprese all’acquisto a lungo termine e a prezzi concordati di energia oltre al solito bouquet di politiche premiali per gli utenti più oculati e i lavori sugli edifici per apportare migliorie green.
Un altro aspetto centrale del Clean Industrial Deal sarà l’acquisto in comune di materie prime critiche con l’attuazione del Critical Raw materials Act che punterà ad aumentare la capacità estrattiva comunitaria, a diversificare le forniture ma soprattutto a rafforzare, anche con un’apposita legge (Circula Economy Act), l’economia circolare massimizzando il riciclo delle risorse, portando il tasso di riutilizzo dall’attuale 11,8 al 24% entro il 2030 agevolando, così, la diminuzione dei prezzi alle industrie e il rafforzamento di un business che, tra le altre cose, vede l’Italia tra i suoi attori principali.