Editoriale

Cittadinanza italiana, ripassiamo la storia

di Adolfo Spezzaferro -


L’eterno ritorno del dibattito sulla cittadinanza: complici le Olimpiadi di Parigi da poco concluse (le peggiori degli ultimi decenni, espressione di un Macron dissociato dalla realtà), nel Balpaese la politica torna a dividersi su come si diventa italiani (nel caso non si fosse nati italiani). A sentire tante persone che non entrano nello specifico delle leggi, “chi nasce in Italia è italiano, la questione non si pone”. Queste persone stanno citando lo ius soli, contrapposto allo ius sanguinis. Tutti sanno che per esempio negli Stati Uniti vige lo ius soli: se nasci negli Usa sei cittadino statunitense. Non bisogna avere un dottorato in Storia per rendersi conto che un posto dove all’epoca arrivarono genti da tutto il mondo di certo non poteva applicare lo ius sanguinis: il cittadino Usa per sangue non esiste (a parte i nativi americani). In Italia al contrario lo ius soli non serve perché gli italiani si sa benissimo chi sono – viviamo qui da un bel po’. Tuttavia il dibattito si ripresenta ciclicamente, perché a sinistra (e non necessariamente soltanto quella immigrazionista) si contesta che le nostre leggi in materia non siano al passo con i tempi. Per questo sentiamo parlare di ius scholae o ius culturae – un uso del latino che ci fa pensare più al Porcellum che al Diritto romano, però complici anche i giornali, tali diciture ormai sono molto diffuse. In sostanza sono proposte alternative alla legge vigente, introdotta nel 1992, che prevede che la cittadinanza si acquisti secondo il diritto di sangue: se si nasce da italiani o se si è adottati da italiani. La cittadinanza però può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti, come avere redditi sufficienti al sostentamento e non avere precedenti penali. Inoltre la legge prevede che stranieri nati e residenti legalmente e ininterrottamente in Italia fino ai 18 anni, con il compimento appunto della maggiore età possono richiedere la cittadinanza. Infine si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio. Ma a sinistra questa legge non piace, anche se l’Italia è prima nell’Ue per numero di cittadinanze rilasciate: oltre 230mila. Forse allora il problema, più che di diritto e di diritti per chi vive in Italia, è ideologico: forse alla sinistra non piace l’idea di un’identità italiana. Peccato, perché nel mondo la nostra identità è ben chiara a tutti. Ma soprattutto, vorremmo ricordare alla sinistra che Roma e l’Italia sono multietniche, multireligiose e con usi e costumi i più disparati da secoli e secoli prima di Francia, Uk e Usa. Quindi se la scuola c’entra, è solo perché alcuni dovrebbero ripassare la Storia.


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