Città desertificate: spariti 118mila negozi in 12 anni
Le città italiane si desertificano e non solo per la sparizione di 118mila negozi di vicinato in 12 anni, perché da anni ormai le politiche degli istituti di credito conducono alla chiusura degli sportelli bancari. Aumentano gli affitti brevi, l’effetto più evidente di centri abitati sempre meno. Aumentano le imprese straniere, un fenomeno pochissimo analizzato nelle istituzioni e fuori di esse.
Confcommercio stima la chiusura di centinaia di migliaia di negozi ma pure nello stesso giro di una dozzina d’anni quella di 23mila attività di commercio ambulante, indice di mercati e fiere sempre più meno frequentati. Per il presidente Carlo Sangalli, il risultato è una minaccia a “vivibilità, sicurezza e coesione sociale”. Un’analisi non nuova, che però preoccupa pochissimo gli enti locali.
A livello territoriale, le regioni del Nord evidenziano le maggiori perdite di negozi al dettaglio, mentre al Centro-Sud si registra una maggiore tenuta: dei 122 comuni presi in esame dall’analisi, ai primi 5 posti si collocano Ancona (-34,7%), Gorizia (-34,2%), Pesaro (-32,4%), Varese (-31,7%) e Alessandria (-31,1%); nelle ultime 5 posizioni i Comuni che registrano la migliore tenuta sono Crotone (-6,9%), Frascati (-8,3%), Olbia (-8,6%), Andria (-10,3%), Palermo (-11,2%).
Per contrastare questa deriva Confcommercio propone ai sindaci obiettivi che gli enti locali hanno in agenda da sempre (e i sindaci nei loro programmi elettorali), in questi ultimi anni perseguito – almeno con gli annunci e i propositi – anche grazie al fiume di denaro del Pnrr: rigenerazione dello spazio pubblico e dei quartieri, mobilità e logistica sostenibili per la città della prossimità, patti locali per la riapertura dei negozi sfitti (un target difficilissimo, frenato dai propositi personali di speculazione sugli immobili), gestione partecipata e collettiva delle città (una “chimera” quasi ovunque, ostacolata frequentemente da polemiche politiche), politiche per il commercio locale più efficaci grazie all’uso di tecnologie digitali, un altro orizzonte di difficile raggiungimento per i criteri di innovazione e digitalizzazione che faticano a penetrare la manovra della Pa e delle imprese.
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