Chi ha ucciso Cristiano Aprile? Il caso di via Levanna potrebbe essere riaperto
C’è un cold case, un terribile delitto rimasto irrisolto e perfino dimenticato rispetto ai grandi gialli che hanno sconvolto l’Italia: è l’omicidio di via Levanna, un fascicolo sigillato che ora, alla luce di nuovi elementi, potrebbe essere riaperto. E ripartire appunto da quella stradina del quartiere romano di Monte Sacro, da quel 24 febbraio 1987, al fine di rispondere una volta per tutte all’enigma mai risolto: chi ha ucciso Cristiano Aprile, massacrato a coltellate a soli dodici anni? Una domanda alla quale, dopo quasi quarant’anni, qualcuno ancora potrebbe rispondere. O, perlomeno, dissipare le recenti ombre emerse dalla rivelazione dell’avvocato Maurizio Barca, un ex poliziotto che, all’epoca, indagò sul delitto e che recentemente ha raccontato di una frase misteriosa pronunciata dal padre della vittima, Valerio Aprile: “Povero Cristiano, mi dispiace che ci sia andato di mezzo lui che non c’entrava nulla”. Per capire meglio i dettagli dello strano omicidio, bisogna tornare a quel 24 febbraio 1987, nell’appartamento al pianterreno del civico 35 di via Levanna, dove vive la famiglia Aprile. Quella mattina in casa ci sono il dodicenne Cristiano, la sorella Giada, più grande di due anni, e la mamma, Fiorella Baroncelli. Patrizio, il primogenito, è uscito per andare a scuola, mentre il papà Valerio, insegnante di elettrotecnica al Galileo Galilei, è già in classe. Quel giorno a Roma c’è una manifestazione contro il nucleare, alla quale prendono parte molti studenti. Intorno alle 8.40 suona il campanello e la Baroncelli apre la porta. Quello che accade dopo potrebbe essere la trama di un film horror. Tutto si svolge in una manciata di minuti. La mamma di Cristiano si trova di fronte un giovane alto, magro, “di un colorito livido, un pallido che andava nel livido, occhi neri, capelli nerissimi, tagliati a spazzola e occhiali cerchiati di scuro.” Non è la prima volta che lo vede. Sei o sette giorni prima si era presentato intorno all’ora di pranzo a chiedere un libro, dicendo di essere un allievo del professor Aprile. Non appena la donna apre la porta, il ragazzo la immobilizza, minacciandola con un coltello. Le chiede dove sono i soldi, ma non va a prenderli. Entra invece nella stanza di Cristiano e lo accoltella almeno venti volte. Quindi si avventa sulla madre del bambino, colpendola ripetutamente, e poi aggredisce anche Giada. La Baroncelli si trascina verso la porta, la apre e urla aiuto. La soccorre Elvisa, la donna delle pulizie che sta lavando le scale del condominio. Nel mentre l’aggressore esce di corsa e si dilegua. Scatta l’allarme e arrivano i sanitari, ma mentre mamma e figlia, seppure ferite, non sono in pericolo di vita, Cristiano è in condizioni così disperate che non arriverà nemmeno all’ospedale: il ragazzino muore sull’ambulanza. Il medico legale accerta che l’arma del delitto è un “coltello da cucina”, che l’assassino ha portato con sé. Le indagini procedono a 360 gradi ma la pista privilegiata si concentra sull’ipotesi di uno studente del professor Aprile che avrebbe ucciso Cristiano per vendicarsi di un brutto voto, o meglio di una bocciatura. Gli inquirenti non trovano riscontri e, dopo quasi due anni, il caso viene archiviato, perché, nonostante oltre alla madre ed alla sorella, ci siano almeno altre tre testimoni ad aver visto l’assassino allontanarsi, le indagini non riescono a risalire all’identità del giovane, né a definire movente. Ma ora il giornalista Igor Patruno, nel suo libro Chi ha ucciso Cristiano Aprile? Il delitto di Via Levanna, pubblicato da Armando Editore (2025), ricostruisce, avvalendosi delle carte dell’indagine condotta nel 1987 dalla squadra mobile di Roma, tutti gli aspetti sinora inediti della vicenda. L’autore però non si è limitato a raccontare i fatti così come emergono dagli atti, ma ha anche condotto un’inchiesta giornalistica individuando chi e perché potrebbe aver ucciso Cristiano. Secondo Patruno si tratterebbe di un delitto senza movente, ovvero un delitto apparso incomprensibile perché maturato nella mente di uno squilibrato. E l’assassino sarebbe proprio un giovane “disturbato” che aveva conosciuto Valerio Aprile in un istituto privato dove il professore si recava ad insegnare alcuni pomeriggi a settimana. Una pista tralasciata che avrebbe potuto essere presa in considerazione sin da subito, perché gli elementi per farlo c’erano. La possibilità di assicurare alla giustizia chi ha ucciso Cristiano Aprile c’è ancora e chissà che il caso non venga riaperto a breve.
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