Che fenomeno Lucio Corsi
Volevo essere un duro è una canzone molto bella, dal successo meritato, come lo sono i sold out del tour di Lucio Corsi, arrivato secondo al Festival di Sanremo. Questo bravo musicista e interprete originale ha una forte personalità da rocker d’altri tempi (anni ’70) e sta godendo di una fama forse inaspettata, nell’era dell’autotune e delle canzoni-fotocopia, ma il suo inno all’accettare se stessi è una ventata di dolce freschezza. Una salubre brezza che spazza via certo machismo da ufficio stampa di chi fa trap e rap mutuando stereotipi da duro a stelle e strisce. La canzone andata subito virale sui social (soprattutto su TikTok) ha sdoganato la fragilità degli utenti, che rivendicano di piangere, di commuoversi, di non essere dei duri insomma. Siamo tutti sensibili, vulnerabili – altro che duri – è la moda del momento. Ma al di là del trend (che in qualche modo contribuisce al successo di Corsi, già riferimento culturale e di costume oltre che musicale) alcune riflessioni sul fenomeno del momento ci possono aiutare a inquadrarlo meglio. Look da glam rock à la David Bowie, viso imbiancato dal cerone come una maschera del teatro No, “Andy” scritto sotto la suola degli stivali in onore del cartone Toy Story (e del suo cantautore preferito, Randy Newman), Lucio Corsi ha duettato con Topo Gigio sul palco dell’Ariston e ha reso trend e cool tutto quello che può sembrare da “sfigati”. Un personaggio autentico anche se mix un po’ freak di tante cose già viste (ma l’Arte è imitazione di se stessa d’altronde), con belle canzoni e testi che lasciano il segno. Arrangiamento pop rock dolce e sapiente, parti strumentali efficaci, versi potenti, come “Quanto è duro il mondo/Per quelli normali/Che hanno poco amore intorno/O troppo sole negli occhiali”. La chiave di volta del testo è la chiosa: “Io volevo essere un duro/Però non sono nessuno/Non sono altro che Lucio/Non sono altro che Lucio”. Un inno all’accettazione di sé, all’affermazione dell’individualità, delle proprie peculiarità rispetto a chi magari riesce a essere un duro, perché vuole esserlo veramente, o perché ritiene sia ciò che ti fa essere vincente nella società. Meglio essere se stessi con tutti i difetti di questo mondo che stereotipati, aderenti a un modello che non ci appartiene. Un ottimo messaggio, soprattutto per i più giovani. Ma, attenzione: c’è grande determinazione e grande capacità in Lucio Corsi. Lui non vuole essere un duro ma di certo vuole essere un bravo musicista, un cantante amato dal suo pubblico, un artista riconosciuto. Insomma, se il testo della canzone sembra il manifesto di un perdente di successo, la parabola artistica del suo autore è una storia di tigna, forza di volontà, autostima, coscienza dei propri limiti sì ma anche delle proprie capacità. “Se faccio a botte le prendo”, canta Lucio. Meglio prenderle, insomma, che non affrontare ciò che va affrontato. Che dritta, ragazzi!
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