Politica

Il ministro Ciriani: “Che destra saremo. E sulle riforme pronti al dialogo”

di Edoardo Sirignano -

LUCA CIRIANI MINISTRO


di EDOARDO SIRIGNANO

“Ci auguriamo che tutte le opposizioni abbiano un approccio costruttivo, perché le regole del gioco sarebbe meglio scriverle tutti insieme”. A sottolinearlo è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.

Le ultime amministrative al posto di sancire la fine della luna di miele del governo, come più di qualcuno immaginava, in un certo senso, lo fortificano. Perché questa maggioranza di centrodestra resiste?

Le ultime amministrative, sia al primo turno che al ballottaggio, hanno dimostrato ancora una volta che gli italiani apprezzano il nostro operato e la nostra visione. Abbiamo ottenuto una vittoria netta, confermato le città toscane e conquistato Ancona. A dimostrazione che non esistono più roccaforti e fortini di bandiera, ma che i nostri concittadini scelgono in base al pragmatismo e ai programmi. Questo ci responsabilizza ancora di più e ci sprona a dare il meglio di noi stessi a tutti i livelli di governo.

Allo stesso modo Meloni sa che per essere competitivi bisogna allargare il perimetro e realizzare quel grande partito dei conservatori. Così, però, non si rischia di perdere qualche consenso a destra? Togliere la fiamma, ad esempio, per farsi notare nella grande casa dei popolari europei è una scelta davvero vincente?

A livello europeo il partito dei Conservatori e Riformisti esiste da tempo e Giorgia Meloni ne è il presidente. Al congresso di Milano dello scorso anno abbiamo già lanciato il progetto del grande partito dei conservatori anche in Italia. Per quanto riguarda la fiamma: nessuno ci ha chiesto di toglierla dal simbolo.

Un eventuale ritorno di Trump negli Usa potrebbe cambiare gli equilibri?

Non si può fare politica sui se, ancora non sappiamo nemmeno se Trump sarà il candidato repubblicano alla presidenza statunitense.

La prova del nove per quanto concerne la maturità di un esecutivo sono certamente le riforme. Il Terzo Polo ha aperto al presidenzialismo. Ci sarà presto una nuova bicamerale o si preferisce collaborare con Renzi e compagni in altro modo?

Le riforme istituzionali e l’Autonomia sono un obiettivo del centrodestra e del governo Meloni. Abbiamo iniziato un percorso ambizioso che vogliamo portare a termine, non per far ottenere un vantaggio a questo esecutivo, ma per il bene dell’Italia. Un governo centrale più stabile e sempre coerente con il voto espresso dagli italiani che si confronta con amministrazioni regionali forti e responsabilizzate. Speriamo di fare questo percorso confrontandoci e dialogando con le opposizioni: ne è dimostrazione la lunga giornata di confronto che il presidente Meloni ha voluto ad aprile. Ci auguriamo che tutte le opposizioni abbiano un approccio costruttivo, perché le regole del gioco sarebbe meglio scriverle tutti insieme.

Altro interlocutore inatteso è quel M5S che sulla Rai, ad esempio, ha dato un contributo inatteso. Siete disponibili a trovare un’alleanza con quei pentastellati che fino a ieri vi hanno criticato?

Il nostro campo di gioco è sempre stato e sempre sarà il centrodestra, mai col Pd e mai con i 5stelle. Siamo sempre stati coerenti e su questo non può esserci alcun dubbio.
Come trovare, però, alleanze con una forza con cui su argomenti non di poco conto, come la guerra, avete posizioni diametralmente opposte. Siete pronti a fare un passo indietro rispetto a un sostegno all’Ucraina che sta indebolendo prima l’Europa e poi l’Italia?
Come dicevo prima, siamo radicati nel centrodestra e la posizione del nostro governo sull’aggressione Russa all’Ucraina è chiarissima. Siamo e continueremo ad essere dalla parte di Kiev.

A proposito di Ue, mentre Meloni dimostra massima serietà nei confronti di Bruxelles. Dall’altra parte spesso ci siamo trovati di fronte a un’istituzione matrigna. Basti pensare alle politiche migratorie. Non sarebbe opportuno rivedere qualcosa?

Il Presidente Meloni, in questi mesi, in Europa ha portato avanti con fierezza le posizioni dell’Italia riuscendo anche ad ottenere molti risultati. Ad esempio il tetto al prezzo del gas, che ha avuto ottime ricadute nel nostro Paese come dimostra il calo degli importi delle bollette. Ma il nostro Presidente ha anche il merito di aver posto con forza in Ue la questione migratoria che è sempre più emergenziale, un fenomeno enorme e complesso di cui l’Italia non può certamente farsi carico da sola. L’Europa dal canto suo sembra essere, finalmente, attenta alle nostre istanze.

Una prima sfida, intanto, su cui dimostrare di essere pronti è quella sul Pnrr. Cosa c’è davvero dietro i ritardi? Esistono delle tensioni tra Palazzo Chigi e il Mef? Quanto pesa il cosiddetto nodo energia?

Il Pnrr è uno dei principali obiettivi del governo, ma dobbiamo essere realisti e ammettere che è stato pensato e scritto in un’altra epoca: prima dello scoppio della guerra, prima dell’aumento delle materie prime, dell’aumento del prezzo del gas e dell’inflazione. E’ quindi un piano che va aggiornato e adeguato alla stagione che stiamo vivendo. Il governo lavora unito e rema tutto nella stessa direzione: non esistono assolutamente tensioni tra nessuno e il ministro Fitto sta facendo un lavoro eccellente.

Qualcuno accusa quest’esecutivo di essere ancora troppo legato alla linea Draghi. È d’accordo?

Prima ci accusavano di essere pericolosi perché poco draghiani, poi ci hanno detto di essere troppo draghiani. La verità è che stiamo portando il nostro programma di governo. Facciamo quello che serve al Paese, manteniamo i conti in ordine e rendiamo l’Italia protagonista a livello internazionale.

La crescita dell’astensione al voto dimostra che c’è ancora un popolo che non crede nell’operato del governo. Come pensate di recuperare gli scontenti?

L’astensione dal voto è un problema cronico del nostro Paese, non lo legherei all’operato del governo Meloni. E’ una questione antica e profonda che però dimostra una sempre più ampia disaffezione degli italiani dalla politica. E’ una questione su cui tutti i partiti dovrebbero aprire un ragionamento perché non riguarda solo il centrodestra, ma ogni forza che ambisce a governare l’Italia. Le riforme istituzionali che stiamo elaborando magari potrebbero invertire questa tendenza: se i cittadini vedessero che il loro voto non viene tradito da ribaltoni di Palazzo, forse la loro disaffezione diminuirebbe.
Una sfida per il futuro è certamente superare quel divario Nord-Sud, nei fatti mai superato.

Forse prima dell’Autonomia, serviva altro?

L’Autonomia non è una cattedrale nel deserto. A contorno del ddl Calderoli ci sono molte misure volte proprio a garantire l’unità del Paese. Iniziando dalla determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni che servono a dare pari diritti e servizi a tutti i cittadini italiani.


Torna alle notizie in home