Politica

Cerno, Il Giornale e Napolitano. Da dirigente Pd deluso dalle reazioni dei capi della sinistra

di Redazione -


di VINCENZO MARTINES

Caro Tommaso,

ho letto il tuo articolo su “Il Giornale” e posso immaginare quanto si possano essere scatenati gli haters. Mi sorprende, di più, la reazione di certi capi storici della Sinistra, perché essi stessi protagonisti o silenti complici delle scelte che fece l’allora Capo dello Staro Giorgio Napolitano, almeno nell’occasione che provo a sintetizzare.

Che Napolitano fosse un decisionista e attivo attore di ciò che lui riteneva indispensabile per superare impasse che giudicava malsane, per il procedere del Governo nazionale, hai scritto ed è una palese sua caratteristica.

Che un pezzo della Sinistra ne approfittò per assecondarne, a proprio favore, le conseguenze, è una altrettanta acclarata verità. Mi riferisco al 2014 quando fu defenestrato Letta e cooptato da Matteo Renzi. Lo dico da testimone diretto.

In due Direzioni nazionali consecutive, si consumò il “delitto” politico su Letta e si segnò (negativamente per quel che mi riguarda) l’imminente futuro politico soprattutto delle forze di progresso, con un’alleanza (malsana) con il Nuovo Cento Destra di Alfano.

Per farla breve: Napolitano ritenne che Letta non fosse in grado di proseguire il suo lavoro, chiamò Renzi, che brillava dell’appoggio, post elezioni europee, del celeberrimo 40,01% e gli chiese se si sentiva di ordire la “congiura”, partendo dall’interno del PD, per consumarne la conclusione in Parlamento. Senza passare dalle urne.

La sparuta minoranza capitanata da Civati, con Elly Schlein e pochi altri (tra i quali chi ti scrive) votarono contro la mozione Letticida perché sostenevamo che il passaggio doveva esser consumato nelle urne e con la forza di Renzi dell’epoca, sarebbe stato possibile costruire una colazione vincente di centrosinistra, senza dover creare accrocchi politici con Angelino Alfano.

Ma le trame erano ormai a buon punto. Con l’avallo di Bersani, di Cuperlo e il resto del Comando della sinistra storica interna, si trovò la via dialettica per giustificare la “salita” renziana. Forse pensavano di poter trattare o addirittura di ingabbiare Renzi, una volta lui sedutosi alla sedia di Primo Ministro. Fu destituito Letta e fu giustificato Renzi, a partire dai contenuti dialettici della vecchia guardia.

La stessa “vecchia guardia” che nel giro di pochi mesi abbandonò il PD (lasciandoci soli a far minoranza interna in pochissimi affezionati al PD e senza Civati) con un artificio retorico che ancora mi suona nelle orecchie. Se ne andarono dicendo che era venuta meno “l’agibilità politica” nel PD che potesse giustificare la loro presenza.

Ora son tornati, è un bene, ma spero che quella necessità di dialettica che tu reclami, finalmente cancelli quella vena di ipocrisia che non ci fa bene. Anzi è il peggiore dei mali per chi, come noi che abbiamo a cuore le sorti dei progressisti italiani, sappiamo che non potremo mai fare a meno di confrontarci schiettamente, per proporre vie nuove alla società che aspiriamo di poter rappresentare

Enzo


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