C’era una volta in Lucania: sulle tracce di Basile, favolista italiano
Ritorna in questo fine settimana la 33° edizione di uno dei principali eventi di piazza dedicato alla scoperta del nostro immenso ed inestimabile patrimonio artistico e
paesaggistico: le Giornate FAI di Primavera.
Un percorso a contributo libero, diffuso in ben 750 luoghi della cultura che, nel corso del tempo, ha calamitato l’attenzione di oltre 13 milioni di visitatori offrendoci un’occasione unica di conoscenza della nostra identità, così come anche il nostro patrimonio immateriale, retaggio di tradizioni popolari spesso tramandate attraverso narrazioni fiabesche da cui, in passato, hanno però attinto a piene mani autori stranieri.
Tutti o quasi, siamo infatti cresciuti e ci siamo addormentati ascoltando racconti fantastici di draghi, dame, cavalieri e sfortunate fanciulle salvate dal principe azzurro identificate nei colorati protagonisti dei cartoni animati della Disney, oppure delle favole del parigino Perrault, o dello scrittore danese Andersen o, ancora, dei fratelli Grimm, di origini tedesche, tuttavia, pochi sanno che questi noti artisti si sono ispirati ad un capolavoro italiano: ‘Lo Cunto de li Cunti’ ovvero ‘Lo trattenemiento de’peccerille’.
Scritto in vernacolo napoletano da Giambattista Basile, nobile partenopeo, non a caso considerato il padre della letteratura napoletana, ‘La fiaba delle Fiabe o intrattenimento dei bambini’ fu pubblicato tra il 1634 ed il 1636, arrivando sino ai nostri giorni grazie a Benedetto Croce, grande estimatore dell’opera, nella versione in lingua italiana di ‘Pentamerone’ per sottolinearne volutamente la corrispondenza, nel suo impianto narrativo, al Decamerone.
Invero, il testo che raccoglie 50 favole raccontate nell’arco di cinque giorni da dieci donne anziane tra cui Tolla nasuta, Popa gobba, Antonietta bavosa e Zeza Sciancata e che valse allo stesso Basile l’appellativo di ‘Boccaccio napoletano’, non è altro che una summa fantastica e nerissima di leggende barocche, ambientata per buona parte nell’affascinante e al contempo misteriosa Basilicata, dove il nobile, in servizio presso
il Duca di Acerenza Galeazzo Pinelli soggiornò intorno al 1630.
La circostanza sembra confermata dal ricercatore Raffaello Glinni che provando a identificare i luoghi narrati nelle fiabe scoprì sorprendenti analogie con le foreste che lambivano le lussureggianti terre della Lucania dove storia e mito sembrano intrecciarsi continuamente nelle narrazioni del Boccaccio Napoletano, disegnando un itinerario preciso.
Nei fitti boschi intorno a Melfi, infatti, a circa 820 metri di altitudine si staglia imponente lo splendido castello federiciano di Legopesole sulle cui mura è incisa l’effigie di una giovane fanciulla dalle lunghe trecce: è Petrosinella, più nota come “Raperenzolo”, ovvero la dama dalla lunghissima chioma dorata che attende di essere liberata dall’amato.
Diffusa poi in Sicilia dai Normanni, come tutte le leggende, anche la fiaba della giovane
dalla treccia penzolante, il cui nome rimanda alla pianta di prezzemolo, poggerebbe su un fondo di verità, mostrando incredibili analogie con la triste vicenda di Elena Degli Angeli, sfortunata moglie di Manfredi il cui fantasma vagherebbe ancora tra queste pietre perchè qui fu imprigionata da Carlo D’Angiò.
La stessa Acerenza in provincia di Potenza, dove lo scrittore soggiornò, conserva antichi riferimenti a leggende popolari relative a ninfe, fontane miracolose e passaggi
misteriosi che conducono all’aldilà divenuti terreno fertile per la fantasia di Basile e dove non a caso ai piedi della cattedrale sorge il “museo della fiaba”.
Il massiccio del Parco nazionale del Pollino fa invece da sfondo a quella che conosciamo come la favola della Bella Addormentata nel Bosco: ancora oggi la cima
della montagna al confine tra Basilicata e Calabria si chiama serra Dolcedorme così come nella versione originale dello scrittore campano.
Va tuttavia sottolineato che, sebbene nei racconti di Basile albergassero principesse, re e regine, non essendo lo scrittore un narratore classico, ritroviamo nelle sue trame temi crudeli a dir poco noir tra cui antropofagia, omicidio e sangue: la fanciulla dormiente viene risvegliata da un re non attraverso un bacio, ma con la violenza carnale.
In effetti con i suoi racconti Basile traccia un percorso preciso che si districa attraverso la fitta boscaglia lucana dove “Ninnillo e Ninnella”, ribattezzati “Hansel e Grethel” dai fratelli Grimm, potrebbero essersi persi tra le strutture in pietra, le “case dell’orco”, dove c’era “un camino utile per cucinare i bambini”.
E di orco si parla anche nella favola macabra “La pulce”, tradotta in magia visionaria di Matteo Garrone nel film “Il racconto dei racconti” portato nel 2015 al Festival di Cannes, in cui anche il pluripremiato regista, che il prossimo Martedi 25 Marzo alle ore 15,00 sarà presente all’11° Festival Filosofico del Sannio, si è ispirato a Lo cunto de li cunti.
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