Attualità

Caso Garlasco, Polizia Giudiziaria e Pubblico Ministero

di Giuseppe Tiani -


L’editorialista Antonio Polito il 12 marzo sul caso Garlasco afferma: “ma qualcosa non va, soprattutto sulla scena del delitto, nel momento delle indagini, che troppo spesso rivelano superficialità, incompetenze, errori. Un cocktail micidiale a cui certamente non è estranea l’ansia da prestazione mediatica degli inquirenti. Ma è un problema che solleva anche la formazione e la professionalità dei nostri magistrati, perché sono i Pm a condurre le indagini svolte dalla polizia giudiziaria”. Tema delicato la direzione delle indagini di polizia giudiziaria affidate al Pm, una fase che deve offrire garanzie sul terreno delle competenze tecniche e professionali, e Polito ha posto l’accento sulla professionalità della magistratura requirente. Dal sito Questione Giustizia di Magistratura Democratica, Stefano Pesci scrive: “Con questa connotazione garantista è, del resto, del tutto coerente la posizione ordinamentale del pubblico ministero, perché insediare un magistrato nel cuore stesso dell’attività d’indagine significa valorizzare non solo la sua inevitabile funzione garantista “in negativo” (limitazione delle manifestazioni di potere della Polizia giudiziaria che intacchino i diritti di libertà del cittadino) ma anche e soprattutto esaltarne la declinazione “positiva” che si manifesta nell’ancorare saldamente la direzione dell’attività d’investigazione penale – dei suoi indirizzi e delle scelte, spesso delicate, che comporta-allo Statuto di autonomia e indipendenza proprio del pubblico ministero, uno Statuto del tutto equiparato, nel nostro Paese, a quello del giudice”. Quindi la giurisdizione dentro le indagini equiparando il giudice al Pm super poliziotto, antitesi retorica espressione radicata della cultura corporativa su cui si fonda l’argomentazione, nel 2023 i giudici hanno accertato 560 casi d’ingiusta detenzione da risarcire, questo il dato. Ciononostante la polizia giudiziaria va arginata dal magistrato nelle fasi investigative, per garantire la non ingerenza del potere esecutivo e per non intaccare i diritti di libertà dei cittadini, o per mero esercizio del potere? – Dagli scritti che leggiamo si rileva l’idea di una polizia autoritaria, che va contenuta dall’avventatezza nelle relazioni con il potere, anche se la storia d’Italia degli ultimi decenni ci racconta altro in tema di relazioni inopportune o inusuali e a tratti opache, non a caso l’opinione pubblica è intimamente convinta che la magistratura sia politicizzata e non la polizia giudiziaria. Il magistrato ha scritto: “lo Statuto di indipendenza del pubblico ministero dovrebbe quindi rappresentare una garanzia anche con riferimento alle possibili interferenze che potrebbero prodursi per effetto della diversa connotazione delle forze di polizia, alle quali solitamente sono affidate le indagini. L’inquadramento professionale degli ufficiali di Polizia giudiziaria in organismi gerarchicamente organizzati e che rispondono al potere esecutivo, così come i meccanismi che governano i percorsi di carriera nelle forze di polizia sono infatti fattori che possono introdurre nell’attività di indagine, anche in modo inconsapevole, elementi impropri idonei a produrre effetti distorsivi.” Ma la storia recentissima racconta che l’autogoverno della magistratura non è avulso dalla filosofia della concretezza descritta in tema di percorsi di carriera della polizia. Ciò detto, Alberto Stasi non è un eversore dell’ordine democratico, con il più profondo rispetto per le vittime dei reati, tutti gli indagati hanno diritto ad essere processati in tempi brevissimi, hanno diritto alle competenze investigative delle forze di polizia, hanno diritto a fruire dell’evoluzione della nostra civiltà per la verità processuale e non altro, quest’ultimo aspetto ha natura pre-giuridica e quindi politica. I poliziotti al di là di casi isolati, hanno dimostrato di essere impermeabili alla politica più di quanto non lo sia l’ordine giudiziario, affidandomi a quanto emerso dalla cronaca e non a valutazioni personali. La riforma in atto esporrà Pm e investigatori ad uno stress mediatico che giustamente reclamerà maggiore esercizio di competenza e autonomia, ragione per cui evitare che i poliziotti siano spinti nel tritacarne della politica, cosi come la magistratura silenziosa, laboriosa e autorevole che non appare, e lavora con i poliziotti fianco a fianco vivendo e perendo con essi, a cui spesso affida le proprie vite, e insieme sono garanzia di continuità dello Stato democratico.

Il caso Garlasco non è chiuso: incidente probatorio per il Dna di Andrea Sempio – L’Identità


Torna alle notizie in home