Economia

Carenza di lavoratori stagionali, Cazzola: “Landini e la sinistra raccontano l’Italia che non c’è”

di Edoardo Sirignano -

GIULIANO CAZZOLA


di EDOARDO SIRIGNANO

“I giovani anziché fare qualche stagione vanno in ferie, possibilmente all’estero. Del resto sono autorizzati a sentirsi vittime del sistema da tutte le lacrime da coccodrillo che si spargono sulla loro condizione”. Parola di Giuliano Cazzola.

Cipriani, noto imprenditore veneto, lancia la provocazione: “L’Italia è una Repubblica fondata sulle ferie”. Perché si ha così tanta difficoltà, oggi, a trovare lavoratori stagionali?

C’è poco da scherzare sulle ferie. Col turismo mettiamo in cascina il 13% del Pil. E non sarebbe la prima volta che il buon andamento del settore ci ha aiutato a far quadrare i conti. Anche quest’anno avremmo bisogno di una buona estate per almeno due motivi: aiutare la Romagna a risollevarsi, a fare come sempre parecchio da sé; compensare il rallentamento dei settori industriali. La questione del personale, però, potrebbe tagliare le gambe a una stagione promettente. Ci sono molte attività che non riescono ad aprire proprio per questo motivo. Sono anni, se non addirittura decenni, che il personale nel turismo è composto perlopiù da stranieri. Il Covid-19 ha certamente resa più complicata la mobilità, e non siamo ancora stati in grado di riavviare i normali flussi di lavoratori stranieri che, peraltro, non sono una risorsa infinita. Le difficoltà di trovare manodopera, poi, riguardano tutti i Paesi che si affacciano sul Mare nostrum.

La colpa è del reddito di cittadinanza?

In parte, ma solo come concausa marginale. Vi sono motivi di carattere più strutturale. In primo luogo la denatalità ha fortemente ridotto le platee delle persone disponibili. Per una ragione un po’ banale, ma insuperabile: non sono venuti al mondo. Poi, non so come la pensi Cipriani, ma io sono d’accordo con Luca Ricolfi: l’Italia è una società signorile di massa, dove il numero di quelli che non lavorano supera quello di chi lavora. Nel dibattito pubblico, soprattutto da parte della sinistra politica e sindacale, viene raccontata una società che non esiste se non attraverso la lente deformante dell’ideologia. Quando Landini afferma che un giovane fa bene a rifiutare uno stipendio di 1000 euro, deve porsi almeno due altre domande. La prima: che cosa prevede per quella qualifica il contratto di lavoro vigente, stipulato dai sindacati; la seconda: come vive senza quei mille euro? La verità non sta nella erogazione del RdC, ma nel tenore di vita che gli consente la famiglia, anche senza prendersi il disturbo di lavorare. In sostanza, i giovani anziché fare qualche stagione (nel turismo, nell’industria di trasformazione o in situazioni analoghe) vanno in ferie, possibilmente all’estero. Del resto sono autorizzati a sentirsi vittime del sistema da tutte le lacrime da coccodrillo che si spargono sulla loro condizione.

Tra le novità dell’ultimo decreto Lavoro anche un bonus, pari al 15% delle retribuzioni lorde, per il lavoro notturno e straordinario. Può essere un incentivo per motivare i giovani?

Certo, anche se il lavoro notturno e straordinario è da sempre ricompensato come previsto dai contratti di lavoro. Ma come ho spiegato non sono le ragioni economiche ad allontanare i giovani. Anche perché, quando nella costa romagnola si trovano tariffe giornaliere per gli ospiti inferiori ai 100 euro (è la forza di quella capitale mondiale del turismo) mi sembra evidente che anche le retribuzioni devono essere competitive. Non vanno tutti sulla Costa Smeralda.

La grande novità del nuovo provvedimento, però, è certamente l’assegno di inclusione. Senza l’incentivo statale voluto dai 5 Stelle ci saranno più poveri?

Gli ultimi dati ci dicono che i casi di povertà assoluta sono diminuiti, mentre sono aumentate le famiglie a rischio povertà. Bisogna vedere se il governo sarà in grado di dare impulso al coté delle politiche attive. Non si dimentichi che la crisi più seria sull’occupazione è quella che riguarda l’offerta.

Nel testo varato ieri ci sono più risorse per i fringe benefit (buoni pasto e buoni bollette), ma soprattutto ci sono gli sgravi fiscali. Non c’è il rischio che le famiglie si ammazzino per sopravvivere e non per vivere, come una volta?

Sarò un cattivo osservatore, ma non vedo questo rischio. Ricorda quando ci siamo accorti che la gente si dimetteva dopo la fine dell’emergenza sanitaria e noi teorizzavamo che erano tornati i figli dei fiori? Poi ci siamo accorti che cercavano dei posti migliori.

Come aumentare gli stipendi?

Il Paese ha un gap di produttività: la via più sicura sta proprio nello scambio negoziato tra una migliore qualità del lavoro e retribuzioni più elevate. Questo scambio si realizza sul posto di lavoro. Ritengo che il salario minimo legale prima o poi soppianterà il ruolo del contratto nazionale di categoria. I sindacati s’illudono di poter avere la botte piena e la moglie ubriaca.

In questo Paese il vero problema sono le tasse. Basta il taglio del cuneo fiscale voluto dalla premier?

Siamo riusciti a “nazionalizzare’’ le retribuzioni. I miglioramenti non vengono più chiesti ai padroni, ma allo Stato. Così è col taglio del cuneo fiscale, che non è un’appendice neutrale, ma il finanziamento delle pensioni e del welfare. La decontribuzione non è altro che una fiscalizzazione. In questo Paese si è deciso, poi, che i redditi pari o superiori a 35mila euro lordi annui non hanno diritto ad alcun beneficio. In realtà si tratta di 5-6milioni di contribuenti che assicurano il 60% dell’ammontare delle imposte sul reddito. Il fisco è iniquo per questo motivo.


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