Politica

PRIMA PAGINA-Care toghe, le leggi potete solo applicarle. Intervista al viceministro Sisto

di Giuseppe Ariola -

Il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto


Dopo decenni in cui si discute di riforma della giustizia, il governo porta finalmente a casa il risultato. Ne abbiamo parlato con il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che sulle polemiche politiche e quelle delle toghe invita a “non agitare fantasmi inesistenti”.

Viceministro, questa riforma è stata definita ‘epocale’. Lei lo sa bene vista la sua esperienza politica…

“Si tratta di una riforma i cui principi sono già nell’art.111 della Costituzione. Forza Italia con il presidente Berlusconi si è sempre battuta perché il giudice terzo ed imparziale fosse effettivamente tale anche sul piano dell’ordinamento giudiziario. Oggi c’è un governo sensibile a questi temi, rispettoso e memore di uno dei punti fondamentali della nostra campagna elettorale: alla luce della condivisione riscontrata sul nostro programma dagli elettori, era giusto e doveroso portare a termine questo percorso. La riforma della Costituzione è prevista dalla stessa Costituzione e, in perfetta sintonia con le garanzie del procedimento, il Parlamento ha pieno titolo di accedervi, senza veti almeno inopportuni. Nessuno gridi allo scandalo, è un processo di maturazione partito da lontano, con le battaglie di Silvio Berlusconi, e che oggi trova il suo primo, fondamentale ‘passaggio a nord ovest’ con la tenacia di Antonio Tajani. Il governo Meloni si dimostra, ancora una volta, capace di pensare agli italiani, pronto a restituire ad ogni cittadino la magia della fiducia nella Giustizia, con la G maiuscola. Certo, se non ci fosse stata la grande battaglia di Forza Italia sulla separazione delle carriere oggi non saremmo arrivati a questo punto. Ci avevamo visto bene”.

Cosa pensa dell’eventualità di uno sciopero dei magistrati, come paventa l’Anm?

“L’articolo 101 della Costituzione stabilisce che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Messe così le cose, nessuno, ragionevolmente, si può dolere se il Parlamento affronta una riforma costituzionale che ha determinati contenuti e segue un percorso corretto e, comunque, difficile: quattro passaggi parlamentari, l’alta probabilità di un referendum che consegnerà ai cittadini la scelta di dare il via libera o meno alla riforma. Si può legittimamente esprimere il proprio dissenso, ma di certo non ostacolare il Parlamento. Chi applica le leggi non disturbi chi le scrive, chi scrive le leggi non interferisca con chi le deve applicare. La Costituzione affida a ciascuno un ruolo ben definito e armonizzato con gli altri poteri o ordini che si voglia. E la rappresentanza dei cittadini è affidata al solo Parlamento”.

Il Parlamento a differenza dei giudici è eletto dai cittadini. Perché si è scelto di sorteggiare anche i componenti laici del Csm?

“Per una questione di omogeneità. Voglio chiarire che questa riforma non è e non vuole essere punitiva nei confronti di nessuno. Qualcuno, esasperando inutilmente i toni, la vuole fare passare come una sorta di rivalsa, ma sbaglia clamorosamente. È una riforma elegante, equilibrata, senza strattonamenti, rispettosa dei numeri attualmente in campo fra togati e laici del CSM, che, con essenzialità, disegna il processo secondo la geometria piana del 111 della Costituzione: le parti, accusa e difesa, in condizioni di parità, compaiono davanti ad un giudice terzo ed imparziale, cioè naturalmente diverso da chi accusa, come da chi difende. La metafora calcistica, probabilmente, è più esplicativa: non si è mai visto un arbitro che abbia un qualche legame con una delle due squadre in campo. Attenzione, qualcuno ha detto, agitando un fantasma inesistente, che noi vogliamo sottoporre il pubblico ministero all’esecutivo. L’esordio del nostro articolo 104 della Costituzione, così come spiegato dal ministro Nordio, è chiarissimo: ‘La magistratura è autonoma e indipendente’. Poi si divide in carriera giudicante e in carriera requirente. Abbiamo così inequivocabilmente confessato la volontà di non voler sottoporre nessun magistrato al potere esecutivo, difendendo le prerogative di autonomia e indipendenza. Più chiari di così … Ora, nel rispetto dei parametri costituzionali, si lavori insieme, nei rispettivi compiti, nell’interesse del Paese, che non ha certo bisogno di ulteriori conflitti sulla Giustizia.”.


Torna alle notizie in home