Carbone, addio centrali ma non in Sardegna per la chiusura di Todde alle rinnovabili
“Io sono pronto a chiudere nel corso del 2025 gli impianti a carbone nella parte continentale, ma non i due impianti in Sardegna. La Sardegna diventa l’unica realtà che ha ancora il carbone, contrasta le rinnovabili, non ha al momento un piano energetico, un piano che preveda anche solo la distribuzione del gas”. Così il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto ai microfoni di Ping Pong, questa mattina, su Radio Uno, auspicando che la decisione sulla moratoria agli impianti da fonti rinnovabili venga rivista: “Io me lo auguro perché la situazione della Sardegna è una situazione, se vogliamo, anche preoccupante”.
Il ministro titolare dell’Ambiente si riferisce al braccio di ferro persistente nell’isola e che di fatto ha bloccato lo sviluppo delle fonti rinnovabili. E’ iniziato proprio il 6 novembre scorso in Consiglio Regionale l’esame dell’atteso disegno di legge relativo alle aree idonee alle rinnovabili. In esso, ancora i rigidi paletti fissati dalla Giunta che rispondono ad una generalizzata opinione nell’isola contraria ad impianti del genere in nome dell’identità storica, culturale e paesaggistica della regione, peraltro affiancata da chiari e simili intenti di un imprenditore come Sergio Zuncheddu – proprietario di alcuni dei principali media locali – ritenuto più favorevole alla metanizzazione dell’isola attesa da anni.
Una manovra, quella della giunta guidata dalla 5Stelle Alessandra Todde, contro la quale da subito si era schierato l’esecutivo nazionale guidato dalla premier Giorgia Meloni. Ribaltando, nei fatti, un luogo comune tuttora esistente in Europa, con i partiti politici conservatori e di destra a distinguere le loro posizioni dall’ispirazione del Green Deal di marca Ue e quelli della sinistra favorevoli innanzitutto alle fonti rinnovabili. Quelle che la pentastellata Todde si ostina a voler tener fuori da ogni programma di sviluppo reale dell’isola.
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