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Cairo candidato sindaco Milano, lui: “Perché no?”. E Albertini: “Bipartisan, buono pure dopo Meloni”

di Angelo Vitale -


“Perché no?”, come nella canzone di Lucio Battisti: nella puntata di ieri di “Un giorno di pecora” Urbano Cairo, nemmeno tanto “tirato per la giacchetta” dai due conduttori ha ammesso che gli sarebbe piaciuto candidarsi e diventare sindaco di Milano. E ha ricordato, precisando pure la data che rammentava Giorgio Lauro (“Era il 2015, non il 2016”) che glielo propose Matteo Salvini per correre con il centrodestra. “Poi non se ne fece più niente – ha aggiunto – perché ero impegnato a scalare Rcs, ma intanto la proposta mi piacque, Milano è la mia città, la amo. Sarebbe stato bello, anche se non so nemmeno se fossi riuscito a farlo con il centrodestra”.

Il rumor ha intanto fatto il giro della politica. Ed esprime subito vivo interesse Gabriele Albertini, ex primo cittadino, per la verità non nuovo a una particolare attenzione per le candidature politiche che possono custodire la possibilità di chances aggiuntive ai numeri dei partiti: “Urbano Cairo è il numero uno, sarebbe straordinario” sia come sindaco che come presidente del Consiglio. “Un uomo con la schiena dritta, non coinvolto in scandali, con una specchiata moralità e una simpatia straordinaria. Per me ha tutti i titoli per essere un leader politico e se lo vuole fare, non solo è ben accetto, ma sarebbe un bene per la città, per la regione o per il Paese”. Un endorsement totale per l’editore di Rcs e La7 e presidente del Torino.

“Ogni cosa di cui si è occupato sul piano della gestione imprenditoriale – spiega Albertini – è stata più che brillante. Poi dal punto di vista umano mi sembra una persona straordinariamente empatica e simpatica, con qualità anche di leadership emotiva. Quindi come titoli sarebbe un grandissimo sindaco”. Unica pecca? “Non si chiama Albertini come lo storico editore del Corriere Luigi Albertini. E’ l’unico difetto che posso pensare che abbia”, scherza l’ex sindaco e, giocando con l’omonimia, aggiunge subito: “Potrebbe essere un grande Albertini, molto più grande di me come sindaco, dato che partendo da uno scenario enormemente più alto del mio, può fare ancora meglio”.

Ma c’è un’altra caratteristica per cui Albertini si sente vicino a Cairo, ovvero la capacità di intercettare elettori in modo trasversale. “Nel 2001 Montanelli scrisse una sua Stanza dal titolo “Se Albertini corre per due”, in cui offriva anche alla sinistra la mia candidatura di sindaco uscente. E infatti presi molti voti disgiunti. Anche Cairo ha i connotati per essere ben visto dal centrodestra e dal centrosinistra, escludendo ovviamente gli estremi, perché un verde-talebano, un rifondatore comunista o un epigono fascista non potrebbero mai riconoscersi in lui. Cairo potrebbe essere bipartisan”.

Una ipotesi, quella di Albertini, che utilizzando il nome di Urbano Cairo arriva fino a Palazzo Chigi: “Cairo potrebbe essere l’erede di Draghi, lo vedrei bene anche come presidente del Consiglio, ma – precisa – non immediatamente, perché sono un sostenitore di questo governo, in quanto sono sintonizzato con Forza Italia”. Come editore-politico, c’è poi “il precedente Berlusconi, con cui oltretutto Cairo ha lavorato”.

Insomma, al presidente di Rcs e del Torino non manca nulla secondo l’ex sindaco di Milano per scendere in politica. “L’unico argomento secondo me, è se ha voglia di farlo”. E se così fosse, Cairo potrà contare sul pieno sostegno dell’ex sindaco. “La mia amicizia, la mia stima e la mia simpatia le ha già, se vuole una collaborazione nel momento in cui si dovesse candidare, il mio mattoncino al suo cantiere lo porto con grande convinzione”, dice, “ma – aggiunge – credo che rimanga a fare l’editore”.

Se non dovesse candidarsi alle comunali del 2027, non sarà Albertini a farlo al posto suo. “Escludo di fare il sindaco alla soglia degli 80 anni”, chiarisce senza mezzi termini.

Parole in libertà, si potrebbe dire. Difficile al momento, che il centrodestra nazionale, oggi alla guida del Paese e alle prese con le fibrillazioni interne per le prossime candidature alle Regionali come nel “caso Sardegna”, possa scegliere un nome diverso da quelli della nomenclatura interna per il dopo Sala, in una città simbolo del Paese.


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