Bufera in casa Milan, è ufficiale: addio a Paolo Maldini
GERRY CARDINALE REDBIRD PAOLO MALDINI
Il Milan, la guerra dei mondi fa una vittima illustrissima. Paolo Maldini, stando ai rumors che da ore tambureggiano tra media e social, è al passo d’addio con il club rossonero. Insieme a lui, con la valigia in mano, ci sarebbe anche Frederic Massara. Gerry Cardinale, nuovo patron del Diavolo rossonero, avrebbe intenzione di fare piazza pulita. E, pertanto, avrebbe deciso di licenziare il direttore dell’area tecnica e il ds. Eppure i risultati appaiono, tutto sommato, positivi. È vero, il Milan non è mai davvero entrato nella lotta scudetto. Ma è pur vero che la squadra di Pioli, a distanza di sedici anni dall’ultima volta, ha centrato il traguardo della semifinale di Champions League. E, inoltre, il Milan è riuscito agevolmente a qualificarsi per l’edizione del prossimo anno centrando il quarto posto in Serie A. Mica una banalità, citofonate Mou a Trigoria.
Eppure, a Maldini e a Massara vengono imputati errori di mercato grossolani. Uno su tutti: Charles De Ketelaere. Pagato 35 milioni e rotti dal Club Brugge, il ragazzino col volto dolce come una barretta di cioccolata si è trasformato, nel breve volgere di una stagione: prima predestinato, poi promessa. Infine è diventato un meme. Sta a tanto così dal finire nel poco lusinghiero almanacco dei tanti, innumerevoli, “bidoni” che il calcio italiano ha collezionato nel corso dei decenni. Il problema, però, non è De Ketelaere in sé. È una divergenza di visione totale, una cultura sportiva completamente differente. Quella europea e quella americana. Diverse, come il giorno e la notte. Negli States, i ruoli da dirigenti li ricoprono i manager che, cartelle alla mano, pretendono di fare sport in maniera scientifica. A fine anno, si traccia il bilancio. E se le cose non sono andate così come auspicato, ci si saluta. E amici come prima. In Europa, invece, il calcio è roba per chi ha indossato le scarpe chiodate. Chi in campo c’è stato e assicura la continuità tra presente e passato. In America, per intenderci, uno come Maldini – uno dei calciatori più importanti della storia del pallone – potrebbe fare il commentatore sportivo, magari l’allenatore o l’ambasciatore del club nel mondo. Ma il dirigente, probabilmente, no. E non per demeriti suoi ma per un’impostazione diversa, totalmente, della gestione sportiva tra Usa e Europa.
Per la mentalità americana non è certo sorprendente ciò che, invece, ci appare tale. La promozione di Geoffrey Moncada a direttore sportivo. Giovanissimo, ha appena 36 anni, è nato talent scout. Tra le sue scoperte c’è Kylian Mbappé, che suggerì al Monaco. Si tratta di un profilo dirigenziale nuovo e quasi inedito per il calcio italiano. Di un professionista che si è formato già nello scouting, prima ancora che sul campo di calcio. Moncada ha le carte in regola ma gli manca quello che non potrà mai avere. Cioè un pedigree milanista. E certe cose, nel calcio, che è irrazionale prima ancora che grafici, bilanci e conti, contano. Eccome.
AGGIORNAMENTO. Tanto tuonò che piovve. Nel pomeriggio è arrivato il comunicato del Milan che sancisce l’addio tra il club e il suo ex dirigente. “AC Milan annuncia che Paolo Maldini conclude il suo incarico nel Club, con effetto dal 5 giugno 2023. Lo ringraziamo per il suo contributo in questi anni, con il ritorno del Milan in Champions League e con la vittoria dello Scudetto nella stagione 2021/22. Le sue responsabilità saranno assegnate a un gruppo di lavoro integrato che opererà in stretto contatto con il Coach della prima squadra, riportando direttamente all’Amministratore Delegato”. Quanta freddezza in appena sei righe.
Antonio Laspina
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