Bufera a Riva del Garda: arrestati la sindaca e il magnate Benko
La speculazione immobiliare nelle ricche terre del turismo trentino si trasforma in bufera giudiziaria sul Lago di Garda: travolge la sindaca leghista di Riva in scadenza di mandato, Cristina Santi (nella foto), finita agli arresti in casa; il magnate del mattone Renè Benko, che evita la restrizione della libertà perché in Austra, dove vive, non sono contemplati i domiciliari ed è rimasto libero; l’ex sindaco di Dro ed ex senatore autonomista Vittorio Favrezzi; il giornalista bolzanino Lorenzo Barzon e altre cinque persone private della libertà. Tra di esse professionisti, imprenditori, un ex alto ufficiale dei Carabinieri e la dirigente comunale dell’ufficio gestione del territorio di Bolzano, Daniela Eisenstecken. L’accusa principale è quella di associazione per delinquere col metodo intimidatorio mafioso. Al centro dell’indagine l’area ex Cattoi di Riva. Gli imprenditori avrebbero trovato terreno fertile nella presunta voracità dei pubblici amministratori – complessivamente sono indagate 70 persone dal procuratore antimafia di Trento, Sandro Raimondi – che si sarebbero resi disponibili a farsi finanziare le campagne elettorali in cambio di facilitazioni sotto forma di agevolazioni, procedure semplificate e concessioni per iniziative immobiliari da decine di milioni di euro. Tra le nove persone arrestate nell’operazione condotta dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, e coordinata dalla Dda di Trento, anche il noto commercialista bolzanino Heinz Peter Hager, vicino a Benko; l’imprenditore roveretano Paolo Signoretti, e gli architetti Fabio Rossa e Andrea Saccani. Il cuore delle indagini, come spiegano gli inquirenti, sono gli investimenti immobiliari in Trentino del gruppo Signa (passato di mano un anno fa) di Benko, e delle società consociate, in riva al Benaco. I finanzieri si sono concentrati sulla vicenda politico-istituzionale ed urbanistica dell’area ex Cattoi, l’ultimo pezzo di lungolago “libero” a Riva. Come affermano gli investigatori “le indagini hanno messo in luce una sorta di gruppo affaristico capace di influenzare e/o controllare le principali iniziative della pubblica amministrazione, soprattutto nel settore della speculazione edilizia in Trentino Alto Adige/ Sud Sudtirol”. Le accuse parlano di un’ipotetica associazione per delinquere, turbativa d’asta, finanziamento illecito dei partiti, traffico di influenze illecite, truffa, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, oltre a reati contro la Pubblica amministrazione, come corruzione, induzione indebita, rivelazione di segreti d’ufficio e omissione di atti d’ufficio, nonché l’evasione fiscale con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Tra i 77 indagati ci sono 11 amministratori pubblici, 20 dirigenti e funzionari di enti locali e società partecipate, anche componenti delle forze dell’ordine, oltre a professionisti e imprenditori. Tra gli inquisiti anche il giornalista pubblicista Barzon, che a Bolzano aveva collaborato con politici sia del centrosinistra che del centrodestra nelle rispettive campagne elettorali. Barzon per gli inquirenti era “l’uomo di fiducia del commercialista Hager, del quale eseguiva pedissequamente gli ordini inserito nel contesto istituzionale altoatesino”. L’indagine sarebbe iniziata nel 2019 a seguito di un accesso abusivo al sistema informatico di una dipendente del Comune di Bolzano. Tra gli indagati a piede libero ci sono anche il sindaco di Arco, Alessandro Betta; l’ex candidato sindaco a Trento per Fratelli d’Italia, Andrea Merler; l’avvocato Nicola Giuliano; l’ex consigliere provinciale Pd, Luca Zeni; l’attuale assessore provinciale al turismo della Provincia di Bolzano, Luis Walcher, che è stato anche vice sindaco di Bolzano; il sindaco di Laives, Giovanni Seppi, e l’ex assessore provinciale e segretario particolare Werner Frick, tutti esponenti della Svp. “È una notizia che ci coglie di sorpresa, soprattutto perché conosciamo gli amministratori pubblici che vengono chiamati in causa e in diverse occasioni abbiamo apprezzato l’impegno e lo scrupolo con cui hanno sempre esercitato la loro funzione al servizio delle comunità di riferimento – afferma il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti -. Non possiamo che riporre la nostra fiducia nei confronti della magistratura e delle autorità che stanno svolgendo gli accertamenti con l’auspicio che ciò possa avvenire in tempi brevi”. Per gli inquirenti l’indagine avrebbe rivelato un “comportamento predatorio dell’associazione per delinquere”.
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