Brendan Fraser: “La mia formula per lenire il dolore”
È l’attore del momento, Brendan Fraser. Dalle commedie più amate dal pubblico alla trilogia colossal de La mummia passando per l’acclamatissimo ruolo al fianco di Ian McKellen in Demoni e dei, Fraser è indiscutibilmente uno degli attori hollywoodiano più amati di sempre. Una carriera molto movimentata la sua suggellata recentemente con un Premio Oscar come miglior attore protagonista per The Whale, film diretto da Darren Aronofsky presentato alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nella pellicola, sbarcata nelle sale italiane lo scorso febbraio, Brendan interpreta Charlie, un solitario insegnante di inglese che soffre di obesità grave, e il cui tempo sta volgendo al termine. che cerca di riavvicinarsi alla figlia adolescente, divenuta quasi un’estranea, per un’ultima possibilità di redenzione.
Brendan, che emozioni hai provato nel ricevere l’Oscar?
Ringrazio l’Academy per questo onore e sono grato a Darren Aronofsky per avermi lanciato un’ancora di salvezza creativa e per avermi trascinato a bordo della nave di The Whale. Ho iniziato a lavorare trenta anni fa e le cose non sono state facili per me. C’era una struttura che all’epoca non apprezzavo, finché non si è fermata. Questo riconoscimento non sarebbe stato possibile senza tutto il cast. È stata come una spedizione subacquea sul fondo dell’oceano e l’aria e la lenza verso la superficie si trovavano su una barca sorvegliata da alcune persone molto importanti della mia vita: i miei figli Griffin, Holden e Leland.
Come nasce il tuo coinvolgimento nel film?
Sono orgoglioso di aver avuto questa opportunità anche se ammetto che ero intimidito. Avevo davvero paura di imbarcarmi in questa avventura, ma proprio per questo ho capito l’importanza di scavare ancora più a fondo di quanto fossi capace. Magari è stata una scelta contraddittoria, ma non mi avevano mai chiesto di fare qualcosa di simile: mettere insieme tutto ciò che avevo imparato nella mia carriera, combinare tutti gli elementi della creazione dei personaggi in un’unica entità, ma anche mettere in gioco tutto me stesso.
Come descriveresti Charlie, il personaggio che interpreti?
Charlie non è un santo ma è incredibilmente umano: ama la vita e la sua bellezza però si nasconde. Non è freddo e calcolatore, ma ha comunque fatto soffrire molte persone non dicendo le cose come stavano, mentendo. E ora combatte una battaglia contro sé stesso. Ha rimandato troppo a lungo la resa dei conti con le persone a lui care ed è quasi troppo tardi. Quando sprona i suoi studenti a trovare un modo di dire la verità, sta spronando anche sé stesso. I nodi vengono al pettine nell’arco di pochi giorni e non sa se troverà la redenzione o meno. Charlie sa che è troppo tardi per salvarsi ma sa anche che può far reagire gli altri alla sua vulnerabilità.
Hai trovato dei punti in contatto con lui?
Mi sono immedesimato profondamente nelle sue ferite interiori. So benissimo cosa significa venire presi in giro e ridicolizzati senza pietà ma forse non più di qualsiasi altra persona al mondo o qualsiasi persona sui social media. Tutti impariamo a seppellire quel dolore.
Per interpretare questo ruolo hai dovuto indossare una tuta protesica…
Ho dovuto imparare una maniera nuova di muovermi, sviluppando muscoli che non sapevo di avere (sorride, ndr). Ma una volta tolta la tuta, avevo le vertigini, un po’ come quando scendi da una barca. Questa esperienza mi ha fatto apprezzare chi ha un corpo simile: bisogna essere molto forti sia dal punto di vista fisico che mentale.
Quale pensi sia il messaggio che lancia questo film?
The Whale racconta ciò che succede dietro una porta chiusa. E questo ha rappresentato la sfida più grande per me perché Charlie è l’uomo più eroico che abbia mai interpretato. Ha un superpotere: vede il bene negli altri. Ed è proprio grazie a questa predisposizione che si salva. Abbiamo meno di una settimana per conoscere quest’uomo. So che molti, all’inizio, cercheranno il confine tra finzione e realtà, ma spero che sia invisibile. Spero che protesi e trucco incredibili siano integrati con tale maestria da finire in secondo piano e da permettere alla storia di coinvolgere il pubblico.
Brendan, che emozioni hai provato nel ricevere l’Oscar?
Ringrazio l’Academy per questo onore e sono grato a Darren Aronofsky per avermi lanciato un’ancora di salvezza creativa e per avermi trascinato a bordo della nave di The Whale. Ho iniziato a lavorare trenta anni fa e le cose non sono state facili per me. C’era una struttura che all’epoca non apprezzavo, finché non si è fermata. Questo riconoscimento non sarebbe stato possibile senza tutto il cast. È stata come una spedizione subacquea sul fondo dell’oceano e l’aria e la lenza verso la superficie si trovavano su una barca sorvegliata da alcune persone molto importanti della mia vita: i miei figli Griffin, Holden e Leland.
Come nasce il tuo coinvolgimento nel film?
Sono orgoglioso di aver avuto questa opportunità anche se ammetto che ero intimidito. Avevo davvero paura di imbarcarmi in questa avventura, ma proprio per questo ho capito l’importanza di scavare ancora più a fondo di quanto fossi capace. Magari è stata una scelta contraddittoria, ma non mi avevano mai chiesto di fare qualcosa di simile: mettere insieme tutto ciò che avevo imparato nella mia carriera, combinare tutti gli elementi della creazione dei personaggi in un’unica entità, ma anche mettere in gioco tutto me stesso.
Come descriveresti Charlie, il personaggio che interpreti?
Charlie non è un santo ma è incredibilmente umano: ama la vita e la sua bellezza però si nasconde. Non è freddo e calcolatore, ma ha comunque fatto soffrire molte persone non dicendo le cose come stavano, mentendo. E ora combatte una battaglia contro sé stesso. Ha rimandato troppo a lungo la resa dei conti con le persone a lui care ed è quasi troppo tardi. Quando sprona i suoi studenti a trovare un modo di dire la verità, sta spronando anche sé stesso. I nodi vengono al pettine nell’arco di pochi giorni e non sa se troverà la redenzione o meno. Charlie sa che è troppo tardi per salvarsi ma sa anche che può far reagire gli altri alla sua vulnerabilità.
Hai trovato dei punti in contatto con lui?
Mi sono immedesimato profondamente nelle sue ferite interiori. So benissimo cosa significa venire presi in giro e ridicolizzati senza pietà ma forse non più di qualsiasi altra persona al mondo o qualsiasi persona sui social media. Tutti impariamo a seppellire quel dolore.
Per interpretare questo ruolo hai dovuto indossare una tuta protesica…
Ho dovuto imparare una maniera nuova di muovermi, sviluppando muscoli che non sapevo di avere (sorride, ndr). Ma una volta tolta la tuta, avevo le vertigini, un po’ come quando scendi da una barca. Questa esperienza mi ha fatto apprezzare chi ha un corpo simile: bisogna essere molto forti sia dal punto di vista fisico che mentale.
Quale pensi sia il messaggio che lancia questo film?
The Whale racconta ciò che succede dietro una porta chiusa. E questo ha rappresentato la sfida più grande per me perché Charlie è l’uomo più eroico che abbia mai interpretato. Ha un superpotere: vede il bene negli altri. Ed è proprio grazie a questa predisposizione che si salva. Abbiamo meno di una settimana per conoscere quest’uomo. So che molti, all’inizio, cercheranno il confine tra finzione e realtà, ma spero che sia invisibile. Spero che protesi e trucco incredibili siano integrati con tale maestria da finire in secondo piano e da permettere alla storia di coinvolgere il pubblico.
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