Economia

Oltre etichette e dazi, al Vinitaly il vino che fa bene

di Giovanni Vasso -


Al Vinitaly a grande paura dei dazi fa tremare il settore vitivinicolo ma non è che, fino alla decisione di Donald Trump di imporre nuove tariffe, non ci fossero guai in Paradiso. Anzi. Qualche settimana fa, ma ancora oggi è così, i produttori hanno temuto, e continuano a farlo, le decisioni dell’Ue. Che vorrebbe imporre un’etichettatura funebre, in stile tabacco e sigarette, pure sul vino. Eppure questa mossa, agli italiani (e non solo ai produttori), non piacerebbe affatto. In occasione del Vinitaly che si sta tenendo a Verona, Coldiretti ha riferito i dati di un report elaborato con Idexé secondo cui quasi otto cittadini su dieci sarebbero contrari alle nuove etichettature. Per la precisione si tratta del 79% e, se si trattasse di un’elezione, parleremmo di una maggioranza bulgara. Che sarebbe ancora più larga se si prenderebbe in considerazione l’etichettatura per la birra (il no sale all’81%) mentre scende al 34% per i superalcolici, come il whisky. Il guaio, secondo gli analisti, in caso di etichettatura, sarebbe da ricercare nell’inevitabile compressione dei consumi proprio all’indomani dell’anno record per l’export italiano che ha raggiunto, nel 2024, un fatturato pari a 8,1 miliardi di euro per un aumento stimato in circa il 5% rispetto al 2023. Prima dei dazi, dunque, le etichette Ue. Però gli Usa rimangono uno sbocco fondamentale, decisivo, per un comparto che, in dieci anni e cioè dal 2014 al 2024, ha visto aumentare il business del 72,4%. Lo riferisce il report Enpaia-Censis presentato proprio al Vinitaly. L’export verso gli Stati Uniti vale 1,9 miliardi di euro oggi e rappresentano, gli States, il primo “cliente” dei vitivinicoltori tricolore nel mondo. Solo la Germania, per quanto distaccata, riesce quantomeno a competere con l’America. In terra tedesca, infatti, il volume d’esportazione è salito del 21,4% in dieci anni raggiungendo un fatturato stimato in circa 1,2 miliardi di euro. Gli altri Paesi sono (molto) dietro. C’è il Regno Unito che importa vino per 851 milioni di euro ma dove l’aumento è stato davvero imponente (+29,3%) al punto che i prodotti italiani, negli anni scorsi, sono finiti al centro di numerose polemiche agitate (ad arte?) da alcuni media britannici molto popolari. Col Canada, invece, il flusso di export è aumentato del  2,3% ma vale “solo” 448 milioni. Ma il vino è una parte irrinunciabile dell’alimentazione e dello stile di vita italiano. Come riferisce il rapporto Enpaia-Censis, in dieci anni, continua a salire. Dal 55% al 58,9%. E, inoltre, ispira nuovi movimenti economici che finiscono per far bene ad altri settori. L’enoturismo, per esempio, è in netta ascesa e, forse, rappresenta uno degli ultimi fenomeni davvero interclassisti in questo Paese. Il 73,8% degli italiani apprezza gite nei territori vinicoli, visite in cantine e degustazioni e l’interesse resta alto a prescindere dalla fascia di reddito dei consumatori: apprezza l’enoturismo, infatti, il 75% degli italiani con redditi più bassi, il 75,4% della fascia medio-bassa, il 70,2% di quelli con redditi medio-alti e il 74,1% degli altospendenti. Il vino inoltre, rappresenta una delle poche certezze a cui si aggrappa il fine dining, ossia la ristorazione di alto livello, “stellata” per intendersi. Secondo Altagamma, la vendita di bottiglie, calici e caraffe rappresenta il 40% degli incassi dei ristoranti d’alta fascia e contribuisce al loro fatturato per circa 7 miliardi di euro. C’è, inoltre, un altro settore che beneficia e non poco del boom del vino. Ossia quello dell’innovazione. L’agricoltura di precisione è ormai una solida realtà per i produttori italiani che sono sempre alla ricerca di nuovi progetti e soluzioni per ottimizzare rese e produzioni. A Verona, già da anni e oggi più che mai, a conquistare la scena sono stati i robot vignaioli, come Frasky, frutto della joint venture pubblico-privata tra l’istituto italiano di tecnologia e consorzio Intellimech, l’università di Bergamo, Kilometro Rosso e Confindustria Bergamo con il supporto di nove aziende. Frasky si muove con una base mobile di navigazione outdoor e “vede” grazie a una telecamera ad alta sensibilità. È dotato di braccia robotiche e di un end-effector soft che manipola, con estrema delicatezza, le piante. “Percepisce” il territorio che lo circonda e mappa il vigneto raccogliendo dati precisi sullo stato di salute di tralci e grappoli mentre attende a normali operazioni di manutenzione delle viti. Un’innovazione importante che potrebbe cambiare, in meglio, la gestione della viticoltura e fare scuola anche fuori dal nostro Paese.  


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rso riavvolge il nastro e racconta: "Ero al massimo e i miei locali non avevano competitor, organizzavo feste ed eventi nei più prestigiosi Hotel Boscolo, Principe di Savoia”nel periodo estivo ero entrato nello staff del Billionaire; arrivato a quel punto anche se molto giovane ho deciso di fare qualcosa per la mia città, sono sempre stato attratto dalla politica, stimolato dai consensi che raccoglievo e dai miei risultati mi candido al consiglio di zona e ottengo numerose preferenze".
22 Apr 2025