Hot parade
Sale: Julian Assange. “Sono libero non perché il sistema funziona ma perché mi sono dichiarato colpevole di fare giornalismo”. Parola di Julian Assange. Che dopo gli scoop di Wikileaks, dopo l’odissea giudiziaria, la fuga per mezzo mondo, è sfilato davanti al Consiglio d’Europa. E lo ha fatto ancora un po’ arrabbiato per quello che gli è successo, e vagli pure a dare torto: “La criminalizzazione delle attività di raccolta di notizie è una minaccia per il giornalismo investigativo”. Quello vero, però. Mica quello di cui si parla in Italia che, in fondo, non ha mai fatto male a nessuno. Tranne, forse, agli spettatori.
Stabile: Marcello Viola. Per quanto dolga ammetterlo, aveva ragione Winston Churchill. L’Italia è in subbuglio perché il procuratore capo di Milano s’è presentato alla conferenza stampa per l’inchiesta sul tifo criminale nelle curve di San Siro con lo smartphone decorato da una cover dell’Inter e scoppia la bufera. Mica perché il tifo organizzato era, a Milano, quello che sarebbe uscito fuori dall’inchiesta, mica per le presunte commistioni tra pseudo artisti e sedicenti imprenditori con personaggi poco chiari. Mica perché parliamo del rischio di amministrazione controllata per due dei maggiori club del calcio italiano. Mica perché certi ambienti rischiano di uscirne disastrati. No, perché il magistrato c’ha la cover della sua squadra del cuore. Coinvolta, peraltro, nell’inchiesta. Churchill was right. Altroché.
Scende: Naomi Campbell. Forza, Chiara Ferragni non sei più sola. Adesso si addensano le nubi sulla Venere nera. Pure Naomi Campbell, a quanto pare, faceva la cresta sulla solidarietà. E, forse, pure un pochino di più di quanto facesse l’ex signora Ferragnez. Per la Charity Commission inglese, dei 4,8 milioni di sterline raccolti in 5 anni, ne avrebbe dati in beneficienza solo il 10%. Il resto andava in galà e promozioni assortite. Ma a differenza della nostrissima Chiara, invece di fare video contriti e piagnucolanti, se ne va, bellissima e menefreghista, a presenziare agli eventi di Chanel.
*di Simone Donati
Torna alle notizie in home